TEMPORALE INGLESE
Sotto una carrozzeria incantevole la Vantage nasconde un carattere tosto capace di divertirvi nonostante l’assenza del tetto, a maggior ragione se avete un cambio manuale a vostra disposizione
A volte è complicato concentrarsi su ogni sfumatura di un’auto, su pregi, difetti, storia, meccanica, sensazioni e via di seguito soprattutto quando siete distratti da altri fattori, un po’ come cercare di competere al tiro al piattello mentre Melanie Iglesias fa il tifo per voi. In questo specifico caso la Aston Martin Vantage V8 fa di tutto per distrarvi dai suoi difetti con due semplici mosse: una linea da tachicardia improvvisa e un sound così prepotente e unico da farvi venire la pelle d’oca nonostante i trentacinque gradi della giornata. Io però sono ormai un consumato e incorruttibile professionista, che di certo non si fa sviare da certi trucc… cavoli se è bella. Elegantissima, raffinata, con un profilo leggero ma ugualmente muscoloso la Vantage è un distillato di classe pura, un memento visivo di come si possa creare un’auto splendida senza appendici da prototipo o soluzioni barocche e ridondanti. Questa roadster è piena di dettagli affascinanti come le bellissime maniglie a filo carrozzeria (dovrebbero essere obbligatorie per legge su ogni auto), gli scarichi incastonati nel retro, i fari posteriori trasparenti, lo spoiler lievemente accennato e la tipica griglia Aston; fissatela per un paio di minuti e starete già parlando con un signorile accento del Warwickshire. Oggi però niente piogge infinite, thè alle cinque o pecore in mezzo alla strada perché siamo sul lungolago di Desenzano in una giornata baciata da un meteo perfetto: già il Garda è uno spettacolo da vedere ma con un cielo limpido e l’assenza di motoscafi per quasi tre mesi – l’unico lato positivo di voi sapete cosa – sembra di essere più all’Isola d’Elba che al lago, e con un’Aston cabrio non potevo chiedere scenario migliore.
La Vantage sembra nata per una situazione del genere, illuminata dalla luce morbida del mattino presto con la capote giù e il mare, pardon lago, turchese alle spalle mentre raccoglie sguardi ammirati; non sono sicuro che nel 2006 uno dei requisiti fondamentali a Gaydon fosse ‘fare la miglior figura possibile su un lungolago italiano’ ma non mi stupirei del contrario. Ah sì, 2006. Non lo direste mai ma la Vantage V8 Coupé è stata presentata a Detroit nel 2005 (la Cabrio un anno dopo) e navigatore datato a parte – che comunque resta nascosto nella plancia – non c’è nessun dettaglio che vi faccia pensare che questa meravigliosa Aston non sia attuale. A Gaydon non lo sapevano ancora ma la loro Baby-Aston diventerà una delle auto più significative per il marchio con oltre 25.000 esemplari venduti, passando dalla brutale GT8 o le versioni N ‘Ring-friendly alla ignorantissima V12 S fino al canto del cigno, la V600. La nostra Vantage è classe 2008, verniciata in un distinto Tungsten Silver e con un rabbioso 4.3 litri V8 aspirato: il propulsore deriva lontanamente dal V8 Jaguar AJ26 ma albero motore, canne dei cilindri, alberi a camme, collettori, bielle e pistoni, sistema di lubrificazione (qui è a carter secco permettendo un baricentro più basso), Ecu etc. etc. sono stati completamente riprogettati e assemblati a mano dalla Aston Martin nella loro sede tedesca di Cologne. Il risultato? 385 cavalli a 7.000 giri e 409 Nm di coppia per il V8 rinominato AJ37, ma la parte migliore – e rarissima da trovare su questo modello – è che la nostra Vantage ha una tozza leva in mezzo ai sedili che prende il nome di ‘cambio manuale’.
Vero che una Vantage Cabrio non è l’auto più sportiva o trackday-focused del mercato, ma sceglierla con l’automatico Sportshift equivale comunque a un livello di pigrizia pari a quei quindicenni che vanno in giro con gli hoverboard pieni di lucine “perché camminare è stancante”. Tsk. E poi non vorrete mica che la sinfonia di quel V8 venga comandata da una centralina anziché da voi? Il proprietario fortunatamente la pensa come me e quando smetto di fissare la Vantage prendiamo la Gardesana in direzione Tignale dove troviamo delle immancabili roulotte straniere, qualche curva interessante (se riuscite ad archiviare per tempo il discorso caravan) e un panorama mozzafiato che migliora al salire della strada, tortuosa e con un asfalto stranamente ben tenuto. Se vi fermate prima di sparire nell’entroterra la vista scenografica è garantita, con una veduta meravigliosa sul Lago di Garda e sul monte Baldo che fanno da cornice ad una splendida inglese cabrio che nel frattempo sta dimostrando di essere fotogenica in maniera imbarazzante. Chi l’avrebbe mai detto vero? La bellezza dell’Aston e del paesaggio hanno il vantaggio di far terminare gli scatti in tempi accettabili, un’ottima notizia perché riesco ad infilarmi presto nel sedile del guidatore così da legare bene con lei. Apro la (pesante) portiera e noto che sale leggermente verso l’alto invece di restare parallela al terreno, un altro lieve ma ammirevole dettaglio made in Uk, anche se in salita è complicato tenerla aperta. Poi lo sguardo cade sugli interni: niente esotico carbonio, titanio o kevlar ma solo morbida pelle, alluminio spazzolato e dei dettagli così squisiti – come i meravigliosi quadranti e il particolare contagiri antiorario – che vorrei offrire un Martini al suo designer.
Appena girata la chiave l’Aston vi accoglie con una piccola scritta ‘Power Beauty Soul, Aston Martin’ giusto per farvi sentire speciali e anche vagamente snob, e nel momento stesso in cui premete il pulsante d’accensione ecco il sopracitato tentativo di corruzione numero due: Dio, che sound. Da una lussuosa GT scoperta e magari indirizzata ad un pubblico più vecchio e pacato rispetto a quello di una GT3 RS o di una R8 vi aspettereste qualcosa di sobrio, tranquillo, anche un po’ noioso… errato. Molto errato. Il V8 Aston si risveglia con un latrato così arrabbiato e feroce da ricordare una tempesta, e più guidate più nella vostra testa questo atteggiamento si piazza all’estremo opposto rispetto a quel look elegante. E’ come vedere un gentlemen inglese in completo Burberry tenere galantemente aperta la porta del pub a un cliente mentre cinque secondi dopo si toglie la giacca e si lancia a sedare una rissa con una mazza da baseball. Il timbro del V8 di Gaydon tra l’altro è unico, non assomiglia a nessun motore dal simile frazionamento e già dai 1.500 giri è presente un minaccioso brontolio che al toccare dei 4.000 si trasforma in un grave urlo che farebbe invidia ad uno small block americano ma con una raffinatezza sconosciuta oltreoceano. La strada che costeggia il Lago di Garda è piena di gallerie scavate nella pietra e, inutile dirlo, le mie orecchie sono tanto felici. Ora dovrei dire che sound e aspetto a parte, la Vantage è troppo fiacca e cedevole per essere davvero divertente ma in realtà non è così: lo sterzo ha un bel peso, un diametro compatto e soprattutto è inaspettatamente diretto, capace di far corrispondere ogni leggero input ad una precisa sterzata e a far trasparire piuttosto accuratamente l’impegno delle ruote anteriori.
Le sospensioni sono un’altra sorpresa, non hanno un rollio da barca a vela e al contrario sono più rigide del previsto per una sportiva cabrio, il che significa che tutti quei chili (circa 1.740 a secco) non se ne vanno a spasso come fiocchi di neve in mezzo ad una tormenta ma restano composti anche quando trovate una strada invitante… e lungo le strade invitanti si cambia marcia spesso. Continuerò a non capire come si possa preferire l’automatico al manuale, tanto più che il cambio Aston si fa apprezzare alla veloce: la leva è tozza da vedere ma si impugna alla perfezione e la sua azione ricorda quella della M3 E46 con un movimento un po’ duro ma secco e meccanico, e rispetto a quello della bavarese il sei marce della Vantage pare anche più scorrevole. La frizione è bella virile con un buon punto d’attacco e una solida consistenza che vi fa sentire connessi al cambio ma all’altro lato della pedaliera c’è anche il più grosso difetto della Vantage, l’acceleratore. E’ un vero peccato, ma l’acceleratore elettronico della Aston soffre di un ritardo di risposta per la prima parte della corsa piuttosto fastidioso perché non garantisce la reattività che vi aspettereste da un così bel motore aspirato. Un volano più leggero e qualche modifica all’elettronica risolverebbero ampiamente il problema rendendo il pedale destro affilato, facilitandovi il punta tacco (ugualmente semplice da eseguire, ma dovete pestare per bene su freno e acceleratore) e facendovi sembrare anche più potente il V8, ma lì sul momento mina la fluidità di guida fra le curve. I 385 cavalli della Vantage fanno comunque il loro lavoro egregiamente portandovi da 0 a 100 in 4,8 secondi e fino a 282 km/h, ammirevole visto il peso della Aston.
Le ottime sospensioni nascondono bene la massa e anche in curva la vantaggiosa distribuzione dei pesi – 49:51 – aiuta ad avere un bell’equilibrio, specialmente quando trovate delle sconnessioni in uscita che vi provocano un leggerissimo sovrasterzo subito istintivo da correggere. Il telaio della Aston non è troppo nervoso ma non è comunque amichevole e agile come una simpatica Mx-5 pertanto in uscita di curva bisogna essere molto accurati e rapidi nelle correzioni. Via via che macinate chilometri a una buona media apprezzate molto la sostanza dei freni Brembo, soprattutto per la gradevole corsa del pedale che però – visto il peso in gioco più due passeggeri e liquidi – inizia a soffrire di fading abbastanza presto. Meglio rallentare, godersi il panorama sul lungolago e possibilmente trovare qualche vetrina dove ammirare il riflesso della Aston. La Vantage sarà anche pesantuccia e con un acceleratore che compromette parte del piacere di guida come una macchia verde su un quadro di Guaitamacchi (un pittore che lavora solo in bianco e nero, volevo fare l’acculturato ma l’ho scoperto anche io trenta secondi fa) però ha una linea che vi fa andare in fibrillazione, un sound commovente e delle inattese doti dinamiche, sempre tenuto conto che stiamo parlando di una GT di classe e non pronto pista. L’assenza di vagonate di tedeschi lungo e sopra la Gardesana mi hanno permesso di apprezzare tantissimo il carattere e lo stile della Aston, un marchio poco valutato qua da noi ma che in fatto di personalità si può permettere di non invidiare nulla a nessun brand concorrente. Per godervela come si deve vi basta contemplare con lo sguardo la sua carrozzeria, divertirvi con un prezioso cambio manuale, trovare lo scenario giusto e… tenerla sempre, con qualsiasi scusa, sopra i 4.000 giri.
Grazie a Silvano e Alberto per l’ottima giornata in compagnia della loro Aston
di Tommaso Ferrari