PICCOLA PESTE

 

La Corsa Gsi rappresenta un concetto di compatta pestifera e senza fronzoli che ormai sta andando a… avete capito cosa, così mi sono rinfrescato la memoria grazie a una delle bombette meno conosciute degli anni ‘90

Negli ultimi mesi quando chiacchiero con amici e appassionati si finisce sempre per andare a parare sul solito argomento (lo so, siamo gente noiosa) discutendo di questa insensata corsa ai cavalli, della perdita di connessione con l’auto e di un’elettronica così invasiva e dannosa che la piaga biblica delle locuste a confronto sembrava una rimpatriata affettuosa. Ormai le hot hatch hanno superato quota 400 cavalli mentre nel mondo delle hypercar ti prendono tutti in giro se non hai almeno millecinquecento cavalli, otto motori elettrici, due macchine per il caffè e decine di modalità di guida differenti. Le prestazioni che ne derivano sono sicuramente eccitanti ma in quanto a purezza di guida e senso di connessione ci stiamo allontanando troppo da quello che una volta era un riferimento scontato, complice una valanga di elettronica per gestire potenze così esagerate. Anni fa la tecnologia non era progredita come adesso e non c’erano hot hatch più potenti di una Cayman GT4, eppure indovinate un po’? Nessuno si lamentava perché non aveva un tablet grosso come un vassoio al centro della plancia o un quadriturbo al proprio servizio, ma al contrario ci si divertiva un mondo con scatoline che faticavano a superare i cento cavalli, prodotte da case che creavano giocattoli sportivi per entusiasmare bambini troppo cresciuti e non per mere azioni di marketing. Quindi per ragioni puramente scientifiche – e non per fare l’ignorante su e giù da questa splendida strada, cosa credete? – mi sono sacrificato provando un’Opel Corsa Gsi del 1992, una testimonianza di meccanica e lamiera di quegli anni spensierati e leggeri che ai pochi cavalli compensa con tanto cuore.

In Italia la Gsi (Grand Sport Injection) non ha riscosso un successo eclatante principalmente perché la concorrenza era spietata e famelica tra Uno Turbo, 5 GT Turbo, Fiesta XR2, AX Sport, Golf Gti, 205 Gti 1.6, 106 Rallye 1.3… Ah, che begli anni; il mercato era invaso da compatte brillanti e agilissime con prezzi abbordabili, e anche la Corsa aveva parecchio da dire. Il motore Vauxhall E16SE 1.6 litri da otto valvole sviluppava 101 teneri cavalli, in quanto a coppia se la giocava con un trapano di fascia alta visti i suoi 135 Nm e gli optional erano meno di quelli di una Sandero base, ma questi erano dettagli marginali quando buttavate l’occhio sul peso a secco e leggevate solo 820 chili. In più la Corsa appartiene a quella generazione di auto senza filtri dove siete voi, un cambio, un volante e prestazioni comunque più che sufficienti a disegnarvi un sorrisone sulla faccia, oggi ancora più grande visto che il proprietario nel corso degli anni ha continuamente migliorato la Gsi per renderla la piccola peste che è adesso. Nessun intervento radicale come un otto cilindri al posto dei sedili posteriori ma una miriade di finezze e di regolazioni che hanno dato più pepe al motore e han reso la Corsa più sbarazzina, ormai perfettamente in grado di infastidire qualche sportiva moderna guidata dal fighetto di turno. Prendete fiato perché la lista è lunga: la testa, i collettori di scarico e quelli di aspirazione sono stati lavorati, il volano alleggerito, l’albero a camme è un Piper con puleggia in ergal regolabile, centralina rivista, valvole modificate, corpo farfallato allargato internamente al tornio, regolatore pressione benzina della Tomei fissato a 4 bar, additivo antiattrito, l’aspirazione è artigianale in carbonio con presa d’aria dinamica mentre lo scarico è in inox realizzato artigianalmente dal proprietario stesso.

Sommando tutte queste modifiche la potenza massima è schizzata da 101 cavalli a… a non si sa bene, a causa di una prova al banco probabilmente errata, ma dopo una lunga riunione tra massimi esperti dove il nostro metro di giudizio era quanto riuscivano a pattinare le ruote abbiamo ipotizzato che il valore reale sia più vicino ai 115/120 cavalli. Non illudetevi che la lista termini qua perché i freni derivano da una Opel Kadett Gruppo A con pinze AP racing, gli ammortizzatori sono Gaz con 40 click di regolazione, le molle Eibach, boccole e supporti motore sono più rigidi, il cambio ha una coppia conica più corta, la frizione è Sachs con spingidisco rinforzato, pompa benzina modificata, bracci e longheroni anteriori irrobustiti, tunnel centrale in carbonio, pomello del cambio realizzato in nylon al tornio, corsa accorciata e sicuramente altro che ho dimenticato di citare (ad esempio la carrozzeria appena riverniciata). Come è capitato a molti di noi il risultato finale di questo percorso dice tanto, ma spesso non abbastanza da far risaltare il tempo, i soldi, i grattacapi e la passione che uno ci mette e che creano il legame tra voi e la vostra adorata auto. Ma basta fare i sentimentali, ora vorrete sapere come va quella scatolina color Nova Schwarz che si atteggia a mini-Delta con dei passaruota taglienti e allargati, una posa acquattata e delle forme più squadrate di un cubo di rubik. Appena aprite la portiera – che si richiude con un sonoro SCLACLANC molto rassicurante – e vi sedete sui comodi sedili vi rendete conto che la Corsa non è piccola, ma minuscola, quasi come se l’abitacolo volesse abbracciarvi con tutto ciò che c’è al suo interno, volante Omp in primis; fa strano rispetto agli ampi abitacoli moderni e a me sta benissimo così, visto che sotto sotto so già che grazie a queste misure potrò buttare la Gsi in curva piazzandola ovunque manco fosse una micro machine.

Di notevole pregio lo strumento ‘analogico’ per misurare la temperatura esterna con cifre blu su sfondo bianco (che incredibilmente ha segnato sempre i gradi corretti, scommetto che il proprietario avrà passato la notte ad hackerare metà termometri della provincia) e il tunnel in vero carbonio. Poi giro la chiave, accendo il quadro e “zzzzzgggnnnnnnzzzzzzz” ecco che Amanda si risveglia. Amanda è il nome che ho dato alla pompa benzina della Corsa, talmente rumorosa e acuta (anche perché la moquette è sparita) da tenervi sempre compagnia mentre guidate, anche se appena avviato il motore dovrà cedere parte del palcoscenico allo scarico artigianale che si avvia con un minimo insofferente e un azzeccatissimo sound che fa molto gruppo N. All’inizio penso che il cambio sia rotto: l’escursione della leva è stata accorciata così tanto che tutto lo schema ad H si svolge nello spazio di un francobollo e tra una cambiata e l’altra ci saranno sì e no quattro centimetri. L’azione è un po’ gommosa ma quando ci prendete la mano e capite di dover buttare dentro le marce come foste in prova speciale iniziate ad apprezzare quella leva scorbutica e precisa che vi coinvolge obbligandovi a dover dosare ogni input con abilità. L’unico dettaglio che mi ha deluso abbastanza – così ce lo togliamo subito e poi parliamo di cose belle – è lo sterzo, di per sé comunicativo come molte auto moderne si sognano, bello da impugnare ma stranamente poco diretto e con una demoltiplicazione esagerata e poco sportiva che vi costringe a staccare spesso le mani dal volante.

E’ un peccato perché questo difetto riduce la sensazione di agilità della Gsi che al contrario è una specie di pallina da ping pong impazzita nel salire verso la cima della strada, ma il proprietario ha detto che rimedierà in fretta. Il percorso di oggi è quello del Mottarone, una montagna del Piemonte situata tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta con una vista fantastica ma soprattutto con un nastro d’asfalto teatro di un noto rally che fa già fremere gli istinti delinquenti della Corsa. Come va allora? Beh, è agguerrita e simpatica come poche cose e va forte, tanto forte. Il retro è stato svuotato cestinando sedili, moquette, cappelliera e altre cose inutili perché tanto “chi li vuole due passeggeri dietro” facendo scendere il peso a secco tranquillamente al di sotto degli ottocento chili, che uniti al sound rabbioso, alle dimensioni da giocattolo e alle prestazioni brillanti vi danno l’idea di essere infilati dentro un vagoncino delle montagne russe ma con un volante in mano per decidere da soli il percorso. Ecco, la Corsa Gsi è più o meno così. Il volano alleggerito e la rapportatura più corta si notano presto (specialmente tra la terza e la quarta dove non c’è quasi calo di giri) e l’1.6 è una forza: allunga pieno oltre i 6.000 giri con Amanda e lo scarico che fanno sempre più casino e nonostante la curva di coppia ben spalmata il quattro cilindri è bello cattivo e immediato nell’arrampicarsi lungo il contagiri. Lo sterzo chilometrico è comunque preciso e le misure da modellino scala 1:18 con proporzioni quadrate significano che potete piazzare la Corsa a piacimento in curva tenendovi il pezzo forte del suo carattere per l’uscita.

La Gsi infatti non ha un differenziale autobloccante e la coppia di circa 150 Nm è tanta rispetto al peso così vi trovate a giocare con l’acceleratore parzializzandolo come un telegrafo tra il grip e il limite del pattinamento per una percorrenza pulita. Appena passato il punto di corda però desiderate solo sentire il motore riempirsi i polmoni così buttate a terra tutto scoprendo che questa scatolina è così caz***a da riuscire a pattinare in terza (!) in uscita di curva o in cambiata, lasciando lunghi autografi neri sull’asfalto. Inutile dire che tra me e il proprietario il Mottarone ora ha tante nuove impronte digitali da 185 ricordo di due grossi sorrisi. Nonostante questa esuberanza se siete bravi a dosare delicatamente l’acceleratore (e a frenare leggermente col sinistro data la pedaliera così ravvicinata) l’anteriore non smusa o sottosterza ma anzi tiene la corda facendovi arrivare spedito alla curva successiva dove dovrete rivolgere la stessa attenzione ai freni, potenti ma che bloccano facilmente se non usate riguardi. Il telaio invece è come il vostro migliore amico: disponibilissimo e sempre dalla vostra parte qualunque sia la cavolata che avete in mente di fare. Potete staccare storti, rilasciare l’acceleratore a metà curva, buttarvi a cannone in ogni dove ma la Corsa non vi sorprenderà con sovrasterzi improvvisi o strani movimenti, lei vuole solo che arriviate in cima il più in fretta possibile e felici come una pasqua. Con quattro gomme leggermente più aderenti e uno sterzo più pronto la Gsi diventerebbe una peste tremenda su qualunque passo ma già così è impossibile scendere malcontenti da questa bellissima buca delle lettere.

La Corsa ha vagonate di ignoranza, un motore bello cattivo e un sound altrettanto da canaglia e insieme a un peso da carta velina e ad un telaio interessante quella che ottenete è una ricetta fantastica; aggiungeteci una fanaliera gigante e sarete pronti per un rally notturno. Ritornando al discorso iniziale la Gsi non impressionerà sulla carta ma guidarla vi riporta a tempi lontani dove i progettisti facevano i freni a mano nei piazzali e confabulavano tra loro per creare qualche cosa di ‘ricreativo’ e insospettabilmente rapido per noi smanettoni del volante anziché misurare l’abitacolo per vedere quanti schermi possono starci, programmare un punta-tacco automatico invece di sbattersi per impararlo o decidere che sound finto deve uscire dalle casse. Sono tempi che probabilmente non torneranno più ma per fortuna ci sono macchinine come la Corsa Gsi pronte a ricordarceli.

Un grazie al proprietario Jacopo, a chi era con noi e al carro attrezzi da rally per la bella giornata in compagnia

di Tommaso Ferrari