LIGHTWEIGHT PLEASURE

 

A breve uscirà di scena l’Elise, una delle migliori sportive di sempre capace di insegnare al mondo l’importanza della leggerezza e della purezza di guida. Celebriamola così.

Non cominciamo bene. Già la prova si svolge dopo pranzo, un pranzo peraltro pesantuccio che mi avrà fatto lievitare di almeno un 150 grammi. Poi c’è il fatto che l’altro giorno mi sia tagliato piuttosto malamente, implicando l’uso di un cerotto pesante qualche grammo per non macchiare sedili e volante di sangue. In più mi sono dimenticato in tasca l’intero portafoglio anziché tenere la sola patente, un altro inutile etto da portarmi appresso; ah, e non parliamo della cintura che indosso. A conti fatti avrò almeno 500 grammi di troppo, 500 in più di quelli che avrei voluto. Mezzo chilo è proprio ciò che hanno risparmiato a Hethel dimezzando il numero di fari sul posteriore della Elise S3, quindi ora mi sento un po’ in colpa. Scusa Lotus. E’ inevitabile fissarsi con i chili – o grammi – in eccesso quando state guidando una qualunque Elise, un’auto che basa la sua reputazione sulle sensazioni cristalline e celebre per il suo peso, o meglio, la sua assenza. Mi ricordo quando guidai la prima serie: talmente piccola e tenera da guardare che avreste voluto esporla sulla mensola di camera vostra, e talmente pura che ancora oggi ci ripenso impressionato. Salirci era una tortura, uscirci imbarazzante e il bagagliaio era una retina per capelli alle vostre spalle dove infilare i documenti, stop; però da guidare era magica. Nel tempo la Elise si è evoluta cercando di mantenere la stessa filosofia e contemporaneamente risultare meno estrema e spoglia per piacere anche a chi non fosse impallinato come noi, e dopo una quindicina d’anni abbiamo ottenuto la S3.

Esteticamente è una bomba: ha perso l’aspetto acqua e sapone della S1 per guadagnare cattiveria e aggressività, specialmente con l’ala in stile Cup montata dal proprietario e lo scarico centrale PB racing. Le linee sono più studiate e attraenti, con curve esagerate il giusto per renderla minacciosa nonostante la forma resti compatta e proporzionatissima. Al di sotto di quella vetroresina sexy troviamo il tradizionale telaio in estrusi di alluminio incollati tra loro, che detta così sembra un lavoro alla Art Attack invece è un processo utilizzato in ambito aeronautico che garantisce leggerezza, elevata resistenza, una migliore distribuzione delle tensioni e mantiene invariate le proprietà del materiale. Tradotto, l’intero telaio pesa 68 chili, la metà dell’equivalente in acciaio. Per far sì che quei 68 chili – e tutto ciò che ci sta intorno – andassero di brutto Lotus ha infilato un motore Toyota da 1.8 litri con compressore volumetrico, quella cosa che fa ‘gnniiiiiii’ quando accelerate e non comprende il termine turbolag, la soluzione ideale su un’auto del genere. Un turbocompressore farebbe letteralmente volare la Elise però renderebbe spurie le sensazioni e rovinerebbe la linearità dell’erogazione facendo diventare più nervosa tutta l’auto, e noi non vogliamo che ciò accada. I 220 cavalli ottenuti (più o meno gli stessi della Elise S2 SC) sono sufficienti a etichettare la S3 come ‘piccolo siluro’ e compensano i chili aggiuntivi che il progresso si è portato dietro. Il peso a secco segna infatti 845 chili, circa 120 in più della prima serie e 100 in più della S2, restando comunque un valore ridicolo in un mondo di hot hatch che superano i 13 quintali. Come mai questo incremento? Ci abbiamo scherzato tutto il pomeriggio eppure il motivo è perché… beh, perché la S3 è diventata comoda. Giuro.

La Elise S1 era un’esperienza: entrarci è come tentare di infilarsi di spalle nel cestello di una lavatrice, e a meno che non siate un ginnasta olimpico perderete tutta la vostra dignità nell’arrampicarvi fuori dall’abitacolo. All’interno siete come in un bob da corsa, solo che un bob da corsa in confronto è spazioso e accessoriato. La S3 invece ha rifiniture in Alcantara e pelle, dei magnifici sedili con cuciture rosse e logo Lotus ricamato, cruise control, aria condizionata, pulsante d’avviamento, finestrini elettrici e con un po’ di pratica potreste persino riuscire ad entrare ed uscire in maniera quasi decorosa. La dedizione alla leggerezza però rimane: i fari posteriori sono solo due anziché quattro per guadagnare il sopracitato mezzo chilo, a sorpresa i finestrini elettrici fanno risparmiare un chilo e mezzo ciascuno, il telaio è sempre a vista (e anche la resina che lo tiene insieme) e lo spettacolare cambio aperto lima un ulteriore chilo. I leveraggi a vista sono una delle parti più belle della Elise, cercate solo di non perdere una monetina là dentro… . Sciolgo per bene i muscoli e mi calo (cercando di non farmi vedere) in quella vasca d’alluminio piena di emozioni. Nonostante la poca pratica riesco a simulare un ingresso decente e mi trovo una Elise avvolta intorno come un involtino primavera; siete sempre al di sotto di quel larghissimo battitacco – che poi è il telaio stesso – con una sensazione intima, basilare. Volante essenziale, cambio essenziale, pedaliera minuscola dedicata al punta tacco e nulla che vi distragga dal piacere di guida. Il mio cervello non ha nemmeno registrato la forma dei sedili, sono così anatomici e curati che calzano come una seconda pelle, oltre ad essere – indovinato – davvero comodi.

La strada dove sto provando l’Elise è il Brinzio, un nastro d’asfalto immerso nella vegetazione vicino a Varese che è praticamente un misto intervallato da qualche rettilineo dove sfogare il volumetrico e far risuonare il terminale PB Racing, che tra l’altro ha un sound bello presuntuoso. Le impressioni iniziali sono qualcosa come “oddio quanto mi mancava una Lotus”. L’assenza di inerzia negli input, le sospensioni che copiano perfettamente l’asfalto, la posizione di guida sdraiata e la percezione unica dello sterzo non assistito così bilanciato e ricco di informazioni; è un assalto ai sensi. A essere del tutto sinceri si è persa un po’ la trasparenza e la pura connessione di quello della prima serie (probabilmente il miglior sterzo che abbia mai provato), c’è qualche filtro in più tra voi e la strada ma resta quella speciale sensazione di avere le dita direttamente sull’asse anteriore. E poi il cambio, cavoli che capolavoro. Nelle serie precedenti la trasmissione a bassa velocità era un po’ gommosa e contrastata, migliorando molto quando iniziavate a spingere; qui al contrario è sempre un brivido di piacere da usare: la corsa (anche della frizione) è ridottissima, l’azione è leggera, meccanica, i rapporti sono spaziati in maniera impeccabile e l’avere tutto a vista aggiunge ancora più fascino all’esperienza. Sul Brinzio la Elise è un razzo, il volumetrico del motore Toyota permette di avere tanta coppia e di spingere forte anche solo a 3.000 giri senza dover aspettare di stamparvi contro il limitatore, con una linearità di erogazione impressionante. Forse mi aspettavo ancora di più da quei 220 cavalli su 850 chili, oppure l’erogazione è talmente lineare da ingannarmi visto che il tachimetro continua a segnare numeri preoccupanti.

Prima e seconda sono violente, e poi vi giocate tutto di terza o quarta dato che i tornanti si contano sulle dita di una mano. Quello che però stupisce davvero è l’assurda quantità di grip che la S3 riesce a tirare fuori, anche con gomme invernali. Nella prima Elise sottovalutavate a vostro rischio e pericolo i suoi 120 cavalli visto il comportamento scorbutico del posteriore leggero e del motore centrale, la S3 invece è piantata, coesa, più bilanciata. Il risultato è che schiodare il retrotreno è un lavoraccio, quasi inutile su strada con l’incredibile tenuta che mostra, e pensare che ho staccato tutti i controlli e l’asfalto è umido. Ad un certo punto comincia a piovere, qualche goccia di avvertimento per così dire, e noi abbiamo il tettuccio in tela riposto nel bagagliaio per avere maggior coinvolgimento. Io e il proprietario ci guardiamo, diciamo un convinto “naaah, son due gocce, godiamoci l’Elise così” e ovviamente inizia a diluviare. Alzo ulteriormente il ritmo per trovare alla svelta un riparo e evitare di lavarci, e persino in queste condizioni la Lotus fa fatica a scomporsi. I freni non sono mostruosi ma devono fermare solo 9 quintali e hanno una sensibilità fantastica mentre le sospensioni continuano a copiare l’asfalto senza praticamente sbagliare un colpo; c’è un lieve sottosterzo in ingresso a causa delle invernali eppure riusciamo a ripararci sotto un porticato senza quasi una goccia addosso. Montiamo quella copertina di stoffa arrotolata che è la capote e riprendo a guidare più tranquillo (non troppo sia mai) con una luce calda e il sole che illumina le gocce di pioggia che continuano a scendere. Anche rallentando potete godervi la Elise, il cambio eccezionale, il telaio equilibratissimo, le cose che vi racconta attraverso le sue componenti, un altro mondo rispetto a tante sportive cavallate che non pensano prima ai fondamentali.

La S3 riesce a mantenere il 90% della magia della prima serie con prestazioni ancor più impressionanti e un’abitabilità tre volte migliore; gli interni non terranno svegli i mastri tappezzieri di Rolls e Bentley eppure ora potete usare l’Elise tutti i giorni, come ha fatto un intero anno il proprietario. Oggettivamente sono contentissimo di questo miglioramento, ma per quanto assurdo quasi mi spiace che sia diventata così vivibile: si è perso qualcosa dell’eccitazione che si provava a bordo della S1 originale, quella ossessiva dedizione alla guida e quel costante stare in allerta per mantenere a bada il retrotreno indisciplinato. La S3 è praticamente migliore in tutto, ha solo una minor voglia di uccidervi, e per qualche strana ragione questo mi manca. Ciò non vuol dire che non serva una gran dose di manico per trovare i suoi limiti e che la S3 non sia incredibile: Lotus è riuscita in qualcosa di fantastico, rendere più fruibile l’Elise per avvicinare anche clienti meno estremi mantenendo intatte le caratteristiche che la rendono speciale. Ho un grosso debole per le Lotus, e non è difficile capire perché; ogni tanto bisognerebbe prescrivere un giro su un’Elise/Exige per capire cosa si stia perdendo il mondo, e potendo mi comprerei una S3 domani. Purtroppo perderemo davvero queste icone della guida dato che a Hethel hanno già annunciato la fine della produzione per concentrarsi sulla futura Type 131… 25 anni di Elise e 21 di Exige che arrivano a una conclusione, ci vorrà parecchio per metabolizzare la cosa. Sono entusiasta di aver visto quanto ancora sia eccezionale l’ultima della specie e di essermi goduto i brividi che la 220 Sport sa regalare. Addio Elise, mi mancherai un sacco.

Un grandissimo ringraziamento al proprietario Carlo e a Claudio con la sua Hyper(Camera)car

di Tommaso Ferrari