GENIO E SREGOLATEZZA
La S3 225 e la Escort RS Turbo hanno meno elementi in comune di un allunaggio e una torta di mele, eppure queste due youngtimer hanno generato un fantastico testa a testa, inaspettatamente sensato
Può sembrare che un’Audi S3 8L 225 e una Ford Escort RS Turbo non abbiano molto in comune, una è una professoressa precisa, di classe, un po’ algida, l’altra è l’equivalente di un pugile con il naso rotto, sempre in tuta e con un vocabolario che di certo non impressionerebbe l’Accademia della Crusca. Eppure eccole qua, insieme, perché scavando a fondo questa comparativa ha veramente senso. Entrambe sono nere, e…, e… datemi un attimo per rivedere gli appunti e giuro che ci arrivo. Mi sono inventato questa ‘cosa strana’ perché volevo mettere a confronto due sportive poco note, turbocompresse, youngtimer e che meriterebbero decisamente più attenzione. La RS Turbo è una semi sconosciuta, la sua squadrata carrozzeria è attanagliata dall’ombra della Escort Cosworth, una cappa quasi impenetrabile se non per pochi appassionati che non conoscono solo la vittoriosa Ford dai due alettoni e trazione integrale. Dall’altra parte abbiamo la A3 8L, mai prodotta in versione RS – la RS3 arriverà solo nel 2011 – e quindi relegata nel dimenticatoio a favore della versione cinque cilindri. Invece le qualità della compatta tedesca stupiscono ancora oggi, a oltre vent’anni di distanza dalla sua presentazione. La S3 fa la sua comparsa nel 1999 proponendosi come una vettura capace di fare praticamente tutto: è spaziosa, potente, veloce, rifinita e sa cavarsela persino sulla neve. La carrozzeria della A3 viene leggermente allargata, i passaruota sono più pronunciati, il paraurti anteriore permette al quattro cilindri di respirare meglio e i cerchi sono specifici ‘Avus’ da 17 pollici, calzanti gomme da 225/45. L’1.8 litri turbocompresso grazie a cinque valvole per cilindro e qualche accorgimento sviluppa 210 cavalli e 270 Nm, roba grossa all’epoca, scaricati a terra da un sistema Quattro ‘Haldex’ in grado di distribuire la coppia tra asse anteriore e posteriore facendo diventare l’S3 (all’occorrenza) una trazione integrale.
E non dimentichiamo sedili Recaro elettrici in pelle, fari allo Xenon, controllo di stabilità, cruise control, navigatore e clima. La hot hatch di Ingolstadt si pavoneggia sul mercato come una sorta di Golf GTI di lusso, piena di stile, affidabile, veloce in ogni condizione e poco impegnativa. Esattamente come la Escort RS Turbo. Nah, sto scherzando. La RS Turbo appare dodici anni prima (quattordici nel caso della pre-restyling) e si piazza al polo opposto lungo la scala dell’educata S3, è grezza, impetuosa ed efficace a modo suo; non cerca di seguire l’asfalto, lo prende direttamente a calci. Nasce come erede della RS1600i, un macchinino interessante e utile per l’omologazione nel Gr. A che però – senza l’induzione forzata – non supera i 115 cavalli. Ford così sbatte sotto il cofano una turbina Garrett T3, nuovi pistoni e albero a camme, intercooler, iniezione Bosch KE Jetronic e ottiene 133 cavalli e 185 Nm di coppia su un peso inferiore alla tonnellata. Un piccolo razzo per l’epoca, e non di molto più gestibile una volta lanciata. Così, per la prima volta su una vettura di tale categoria, appare un differenziale autobloccante che tenta di tenere a bada tutta l’entusiasmo dell’1.6 litri, evitando che la ruota interna finisca in quel girone infernale composto da fumo e pattinamenti indesiderati. Esteticamente e qualitativamente la RS Turbo è una capanna di paglia accanto alla cattedrale barocca che è l’Audi, senza accessori di lusso e dettagli chic, basta un cruscotto squadrato, una carrozzeria altrettanto angolata, tenere gomme da 15’’ e un volante sgraziato; che gli acquirenti se lo facciano andar bene. Alcuni particolari tuttavia sono sospetti: i sedili Recaro contenitivi, i cerchi in lega dal design sportivo, le prese d’aria sul cofano, l’ala posteriore, i Carello supplementari e un cannone di medio calibro al posto dello scarico. L’Audi cerca di non attirare l’attenzione, o perlomeno lo fa con un educato colpetto di tosse, la Ford vi scuote per le spalle finché i vostri occhi non vanno nella sua direzione.
Entrambe le sportive di oggi appartengono a conoscenti molto meticolosi nel tenere le loro – decine – di auto, e anche se qualche lavoretto è ancora in programma sia l’Audi che la Ford (ad eccezione dello scarico) sono completamente originali. La Escort è del 1988, tettuccio apribile, interni mai rifatti e 161.000 chilometri mentre la S3 è già il restyling, con cerchi da 18 pollici, interni in pelle ghiaccio, specchietti cromati, Audi Navigation Plus e 225 cavalli. Dato che la conosco già a fondo inizio proprio con la tedesca, accomodandomi sugli immacolati sedili bianchi. Che dire, è un posto più che dignitoso dove sedere. A parte la seduta molto alta poche cose rovinano la sensazione ‘premium’ di questo abitacolo: sedili regolabili elettricamente e dalla solida profilatura, navigatore, impianto audio Bose, cambio sei marce e una robusta qualità costruttiva. Gli interni hanno un design così minimale e pulito da aver retto in maniera grandiosa il passare del tempo, risultando attuali persino oggi. E c’è un’altra cosa che non si può negare a quest’Audi, è rapida. Non feroce o balistica, semplicemente veloce. L’1.8 litri ha un’erogazione troppo lineare per risultare interessante, con una buona prontezza da 2.500 giri e un allungo deciso alla soglia dei 6.000 giri che vi anticipa già il fil rouge della S3, un po’ avara di emozioni, ma focalizzata sui suoi compiti. E per l’appunto veloce. Nonostante l’asfalto umido il telaio è sicuro e prevedibile, potete spingere senza grosse remore in percorrenza con il grosso – e pesante – corpo vettura saldo sulle gomme da 225/40. Il sistema Haldex fa percepire con discrezione il suo intervento, non sentite mai un brusco trasferimento, per quanto al limite prevalga il sottosterzo la trazione fatica a mancare e la campagna sfugge in fretta.
Il tutto con un buon comfort di guida dalle sospensioni, relativamente morbide e non troppo sconvolte dai chili che l’Audi si porta appresso. Il volante è fantastico da impugnare, meno come feeling, mentre il cambio ha un pomello tozzo a comandare una trasmissione funzionale ma lievemente contrastata, specialmente nei passaggi più aggressivi. Se l’asfalto fosse asciutto la sensazione di sicurezza percepita sulla S3 sarebbe ancora maggiore. Peccato per l’intervento fastidiosissimo dell’ESP – disattivabile ma sempre dietro le quinte – e parzialmente dell’ABS, che interferiscono nelle staccate al limite appena il volante non si trova perfettamente dritto. E’ un po’ come se qualcuno continuasse a rubarvi il cucchiaio mentre voi volete solo mangiare in pace il vostro tiramisù. Decisamente irritante. Scendo dalla S3 ammirato dalla qualità generale e dall’aspetto di classe, ma ancora non convinto dalle emozioni che trasmette al volante. Salgo sulla più vecchia Escort e valuto subito alcune cose: il cruscotto c’è, il volante pure, dal tunnel centrale sbuca una leva del cambio e sono seduto su qualcosa. Bene. La strumentazione analogica ha ben poche informazioni e il contachilometri è ancora a cinque cifre, come se Ford non fosse del tutto convinta delle capacità della RS Turbo di arrivare a 100.000 chilometri. Rispetto alla costosa tedesca con la Escort pare di viaggiare in economica anziché in prima classe, anche se bisogna ammettere che la posizione di guida è gradevolmente più bassa e i Recaro profilati offrono un grande sostegno. Giro la chiave nel quadro e in un paio di secondi capisco come la Ford recupererà punti: il carattere. L’1.6 litri turbocompresso ha una timbrica cupa e burbera, sta di malavoglia al minimo e si agita non appena si sfiora il pedale destro. E’ un dispiacere lasciarlo soffrire così, e visto che il motore è già caldo muovo quella vaga leva del cambio e parto lasciando un paio di strisce nere sull’asfalto cremonese. Bisogna pur verificare che l’autobloccante funzioni a dovere, eh.
La spinta del quattro cilindri è comica, non arriva oggettivamente alle prestazioni della S3 ma può contare su un’erogazione rabbiosa, sporca, pronta già dai bassi giri e sottolineata dal sound prepotente con qualche occasionale detonazione in rilascio. Accelerando in seconda dovete faticare per mantenere dritto il volante, si agita sotto le vostre mani tanta è la foga della turbina la cui presenza è sottolineata da un gorgoglio costante che parte dai 2.300/400 giri e si intensifica fino a oltre 5.000, regime dove il quattro cilindri riesce ancora a dare. A quanto pare 92 cavalli di differenza possono essere quasi annullati dal minor peso, in questo caso quattro quintali in meno, praticamente l’equivalente di tre tedeschi durante l’Oktoberfest. L’accattivante e squadrata carrozzeria della Escort si lancia verso l’orizzonte con grinta, le cambiate avvengono in scioltezza e le sospensioni dimostrano di essere senza troppi compromessi, rigide e piuttosto indisciplinate con la vostra schiena. Il cambio è un argomento strano: la corsa è lunghissima e la leva sembra un po’ di pastafrolla, eppure sotto quell’apparente confusione le cambiate sono precise e vanno sciolte e rapide al loro posto, senza ripensamenti nemmeno quando state dedicando l’anima nell’estrapolare quei 133 (molto sottostimati per me) cavalli. A far compagnia al nostro duetto il proprietario della Ford ha portato anche la sua Escort Cosworth, che al momento sto inseguendo cercando di arrivare in tempo per il pranzo.
Come lo vedo scattare in avanti affondo l’acceleratore della RS Turbo per spararmi fuori da una rotonda, il differenziale strappa come un rottweiler alla catena, la turbina fischia e per quanto più potente e integrale la Cossie non si allontana troppo, né sul dritto né in curva. Va bene che ci sono quasi 300 chili di differenza, va bene che abbiamo capito che Ford è stata conservativa con quei 133 cavalli, ma diamine se va questa trentacinquenne. Il telaio inoltre è stimolante: naturale, non troppo sottosterzante e con un retrotreno fermo a meno che non vogliate l’opposto e capace di generare tanta tenuta laterale. Peccato per un grosso grosso difetto, lo sterzo. Quella paffuta corona è anche comunicativa lei in appoggio, ma è terribilmente poco diretta e davvero troppo vaga nei movimenti, togliendo molta della confidenza che altrimenti dareste a occhi chiusi alla Ford. Ritorno sulla tedesca per cercare invece di riappacificarmi con l’Esp e finalmente le cose si sistemano. La trazione della S3 è abbondante a sufficienza per togliere quei noiosi controlli elettronici, così in curva la raffinata Audi scopre anche del senso dell’umorismo. Con l’asfalto umido – e senza toccare i freni – potete giocare col sovrasterzo in rilascio alleggerendo il posteriore e uscendo da una curva più felici e coinvolti, sfruttando il poderoso cinque valvole per cilindro tedesco. Non è divertente o ‘ignorante’ come la RS Turbo, però porta a casa qualche punticino in più. Tirando le somme come fossero ad un game show le due concorrenti sono pericolosamente vicine… nella classifica di due giochi diversi.
Audi e Ford restano ben distinte come filosofia e caratteri, intrecciandosi per quanto riguarda il buon investimento classico che rappresentano e la bontà di realizzazione nel loro segmento, una per la qualità complessiva e l’immagine di classe, l’altra per il ruvido divertimento al volante e l’esuberanza estetica e dinamica. La S3 225 è tutta composta, precisa e raffinata e a dispetto dei vent’anni – che non dimostra – sarebbe tutt’ora perfetta da utilizzare quotidianamente facendovi fare anche una certa figura; la Escort RS Turbo è rumorosa, poco civile, impegnativa ma quella volta che decidete di sguinzagliarla tra le curve non vi fa mai mancare il sorriso. Una è un murales, vistoso ed estroverso, l’altra un dipinto realista, accurato e senza sbavature. Una è la daily car perfetta, l’altra serve a seminare il panico durante i weekend. Scegliete la vostra preferita.
Un ringraziamento a Claudio, Enrico, Paolo e Stefano
di Tommaso Ferrari