FURIA DEL SOL LEVANTE
L’ultima vera ‘Godzilla’, la leggendaria GTR R34, preparata da uno specialista giapponese per renderla tanto sbalorditiva quanto veloce
La prima telefonata con Carlo, il proprietario di questa diabolica R34, era stata subito illuminante. Abbiamo parlato del più e del meno, di cosa ci piaccia in un’auto sportiva, della passione per le auto giapponesi e della cultura del Sol Levante, alla quale è seguita una lunga, lunghissima lista di tutte le modifiche apportate alla ‘Project Carlo’ nel corso degli anni. Finito – dopo un paio di tramonti – l’elenco chiedo con beata innocenza “Un lavorone, quindi l’RB26 ora arriva più o meno a 600/650 cavalli di potenza?”. Segue una risposta piuttosto preoccupante “Beh sì, quando la pressione del turbo è al minimo. Altrimenti a 1.7 bar passa tranquillamente gli 800 cavalli e gli 8.500 giri”. AH. Chissà perché un rivolo di sudore comincia a scendermi lungo il collo. La storia di Carlo Bolognino e della sua amata GTR è davvero unica. Il proprietario, manager in una ditta d’informatica nel milanese, ha da sempre la fissa per la cultura automotive giapponese, sedotto dalle linee taglienti, dai successi nei rally e dalla tendenza a costruire motori turbocompressi ad alto numero di giri con ampi orizzonti di preparazione. In Giappone si sente più spesso citare le sigle dei motori stessi che i modelli in sé, snocciolando un 2JZ, un 4AGE, un 4G63, un K24 o per l’appunto l’infinito RB26DETT molti vi prenoterebbero una visita dal logopedista, nella terra dei samurai invece sarete ricompensati da un partecipe “Mmmmmm” di approvazione, e se c’è un motore nato per reggere grandi potenze, questo è proprio l’RB26. Carlo acquistò la R34 (una rarissima versione V-Spec) nel lontano 2005 in Inghilterra, cominciò con qualche importante modifica e in breve cadde in un tunnel di cavalli motore, turbo grossi quanto un’anguria e il bisogno di tanta coppia da spostare una casa insieme alle sue fondamenta.
Così vendette ad un amico il motore che al momento c’era sotto il cofano e spedì la Skyline direttamente in Giappone dagli specialisti della Endless – R per farsi costruire un RB su misura. Ciò che ne è uscito procura ancora gli incubi a svariati passeggeri. Un kit Tomei ha portato la cilindrata a 2.8 litri (come la R34 Z-Tune), l’albero motore è forgiato, il blocco è un N1 (una versione dell’RB26 modificata da Nismo per il Gr. A), pompa dell’acqua N1, condotti lavorati, installazione di un sistema VCam HKS a fasatura variabile, iniettori sempre HKS da 1.000 cc, nuova aspirazione, intercooler maggiorato, frizione a triplo disco, kit per l’iniezione di metanolo della AEM, scarico artigianale in titanio e ovviamente una turbina HKS T51 dalla quale dovreste tenere a debita distanza gli animali domestici. L’assetto è della Aragosta (un brand belga) le cui componenti sono state messe a punto in Giappone, il paraurti anteriore è della Z-Tune, i freni sono dei Brembo da 380 mm e otto pompanti all’anteriore (350 mm e quattro pompanti al retro), gli interni sono completamente personalizzati in pelle e Alcantara e ospitano talmente tanti dispositivi di telemetria, manometri digitali e regolatori che il creatore di Gran Turismo avrebbe un’erezione. E visto che non ho uno spazio infinito a disposizione devo fermarmi qua, perché sarei a metà lista scarsa. Mi trovo con Carlo prima di Arona, un incantevole paese affacciato sul Lago Maggiore, peccato che altre migliaia di persone lo trovino tale così tocca scovare altri panorami per gli scatti. Visto che da queste parti ciliegi in fiore e templi giapponesi stranamente scarseggiano non mi illudo di trovare la location adatta per la muscolosa icona giappo, e tra un allungo e l’altro della Skyline arriviamo alle pendici del Mottarone, un passo di montagna che sale fino a 1.500 metri.
Un altro ‘intoppo’ per il servizio è la quantità di sguardi e persone che la GTR riesce ad attirare, ricevetti maggiori attenzioni solamente al volante della meravigliosa Huracan STO. L’RB26 in effetti fa poco per nascondere la propria presenza con un sound esagerato e complesso: sentite distintamente il timbro del sei cilindri, in realtà piuttosto pulito e melodioso, sovrastato da sbuffi e fischi dell’enorme turbina incastrata sotto il cofano. Aggiungete che negli ultimi anni è esploso il fenomeno ‘JDM’ ed ecco spiegato lo squadrone di ragazzini, appassionati, ciclisti e passanti che si fermano ad ammirare quella carrozzeria scolpita nel granito. Il Mottarone ha una strada caratteristica, stretta e immersa nel bosco alla base e più veloce e aperta man mano che salite; non è una pista di decollo (che sarebbe l’unico luogo adatto per questa bestia) ma tra me e me penso che se sopravvivo – punto fondamentale – e se la Skyline riuscirà a brillare su un percorso che la penalizza tanto, allora saprò di essere di fronte ad un’auto davvero notevole. Quando però mi accomodo sul sedile del guidatore la parte rettiliana del mio cervello inizia ad andare in affanno: a volte nella vita si dice sì troppo in fretta alle cose, come quando accettate di provare un mostro giapponese da 800 cavalli in un percorso che le va stretto e con delle Federal 595 RS Pro, delle gomme niente male… quando non sono finite. Di colpo un’assicurazione sulla vita non sembra tanto stupida. Risveglio la belva che risiede sotto il cofano e inizio a prendere confidenza con la Sky. La frizione a triplo disco è un macigno, lungo tutta la corsa ha esattamente uno 0,3 % dove attacca, quindi o azzeccate quel punto o la spegnete, e sono guai, perché dovete aprire il baule, staccare le pompe benzina per bruciare quella in eccesso e ripartire.
Mi ricorda alcune auto da corsa provate in passato, però meno uniforme nel funzionamento, così uso tutta la delicatezza in mio possesso e parto un po’ impacciato. Abituarmi alla guida a destra sulla R34 richiede meno tempo rispetto ad altre JDM, le dimensioni si intuiscono al volo e anche il cambio a sinistra scorre senza intoppi mentre mi dirigo con circospezione a fondo valle. In discesa è tutto un lavoro di incamerare sensazioni ed esperienza, mi serviranno in seguito per la salita perché sfruttando l’intero potenziale in gioco i rettilinei non sembrano proprio esistere. Lo sterzo appare immediatamente leggerissimo – anche troppo – e come mi era capitato sulla R32 l’importante massa (quasi 1.600 chili) è abilmente nascosta sotto un tappeto di tecnologia e trazione, impressionante se pensate che qui non c’è nemmeno il sistema HICAS a quattro ruote sterzanti, eliminato date le potenze in gioco. L’assetto della Aragosta gestisce bene il peso della R34, lavora benissimo in compressione aiutando l’anteriore ad essere preciso e non è mai troppo rigido, anzi, a sorpresa è relativamente morbido e ci sarebbe ancora un bel margine per tararlo più aggressivo senza compromettere la qualità di guida. Il cambio – come sulla R32 – è solido, meccanico, un pelo più contrastato dell’antenata e trasmette una bella sensazione fisica oltre a doversi smazzare un fiume in piena di Nm. Sto spiluzzicando qua e là il potenziale della GTR, non sono ancora riuscito a spremere come si deve il motore della Endless e sto rimandando il momento in cui il bosco diverrà solo una scia verde sfuocata attorno alla Skyline. Però prima o poi in cima al Mottarone devo tornarci, così raccolgo il mio coraggio e riprendo la via per il Passo. Sinceramente non pensavo minimamente di godermi questa violenta R34 visto il percorso, ma la GTR mi stupisce ancora una volta e inscena uno spettacolo teatrale da tutto esaurito; è intimidatoria, minacciosa e brutale, eppure in qualche modo riesce a risultare quasi (quasi) raffinata.
Il misto stretto scorre via in un battito di ciglia mentre la turbina HKS ingurgita e comprime aria suonando come una sirena antinebbia, poi butto giù tutto… e il mondo di colpo sembra un film accelerato. Appena passate i 5.000 giri ricevete un pugno nello stomaco, il vostro corpo si fonde con i sedili e il paesaggio circostante diventa solo un flusso di colori mentre cercate di stare al passo del contagiri, che si fionda in un istante verso il fondoscala. Cambio appena a tempo a 8.500 giri (!), i sincronizzatori abbracciano la terza e di nuovo il panorama si sfuoca. Che esperienza. Sparate sul dritto a parte la si riesce a sfruttare nel misto? Beh, sì. Non è esattamente una Elise S1 eppure la GTR sfrutta lo sterzo agile, l’assetto ben fatto e il telaio prevalentemente sovrasterzante per instillare persino del divertimento: c’è una serie di cambi di direzione a metà quota seguiti da un paio di tornanti e un lungo rettilineo verso destra, un chilometro e mezzo che riassume tutto ciò che potete provare con la Skyline. Nelle contropendenze è piantata e mai nervosa, mentre i tornanti vanno pennellati sfruttando l’acceleratore, reattivo e sensibilissimo, un aiuto fondamentale per parzializzare con tatto tutta la potenza dell’RB26 e non avere un effetto On-Off. Fletto delicatamente il collo del piede dopo il punto di corda e sento il retro scomporsi leggermente, mi affaccio al rettilineo successivo e spalanco il gas stavolta pronto a teletrasportarmi alla curva dopo. I Brembo sono notevoli, rassicuranti nonostante debbano impegnarsi persino loro a gestire un accumulo così repentino di velocità, generata da un motore che non smette di stupirmi dalla fame di giri. Una tale voracità ve la aspettate da un VTEC o da una LFA invece la Skyline non suona assolutamente in affanno, anzi, sopra i 7.500 giri sembra stia solo iniziando a giocare.
La curiosità si sostituisce alla paura e uscendo da uno dei tornanti più larghi decido di chiedere troppa pressione troppo presto, le gomme alzano bandiera bianca e mi trovo di traverso con la GTR, controsterzo, tengo un pelo di gas e dopo una frazione di secondo lei si ricorda di essere a trazione integrale, chiudendo la curva in una bellissima sequenza. Non è una guida pura o completa come quella di una GT3 o una Caterham, tutto si concentra attorno a quell’assurdo motore e al resto delle componenti che cercano di domarlo, ma è da provare almeno una volta nella vita. Per quanto la R34 sia fuori dalla sua comfort zone (è più Wangan Midnight che Initial D per capirci) l’ATTESA E-TS, la messa a punto effettuata nel corso degli anni e le doti innate della leggenda giapponese l’hanno resa un’esperienza unica, con un’ottima sensibilità dinamica e prestazioni fuori dall’ordinario. Dimenticavo, visto che le gomme chiedevano pietà (e il proprietario doveva farsi un’ora mezza di strada al ritorno) stavo guidando la Skyline a 1.4 bar di pressione, quindi con poco meno di 650 cavalli… così Carlo mi chiede di rincontrarci qualche giorno dopo per scatenare l’inferno a ‘full boost’. Ci troviamo stavolta a Novara, dove il proprietario mi mostra l’altro suo giocattolo – una rarissima Subaru Impreza S204 – e il suo ‘rifugio’, diverse sale piene zeppe di modelli radiocomandati di auto, auto da corsa, elicotteri, riviste, videogiochi anni ’90… tutto rigorosamente giapponese e oggi introvabile. La giornata è di un caldo opprimente il che significa aria meno densa, meno ossigeno e tra l’altro il metanolo per il raffreddamento è quasi finito, così smanettando con i mille grafici della telemetria interna scopriamo che l’RB26 scarica a terra “solo” 762 cavalli, penso potrò accontentarmi!
Mi rimetto al volante della V-Spec e seguo una serie di rotonde e provinciali deserte che Carlo usa per la messa a punto, facendo venire qualche infarto a ogni singola persona per strada dalla furia del sound della Skyline. Mi ritrovo a provare le stesse impressioni del Mottarone ma in 4K: riesco a cambiare addirittura a 8.600 giri senza sforzi mentre sopra i 5.000 la colossale turbina HKS va in pressione inserendomi ancor più nell’imbottitura del sedile, stordendomi per la rabbia dei fischi e degli sbuffi delle giranti; è come lottare con un dinosauro infuriato, un dinosauro a fasatura variabile che non vuole farsi addomesticare. Le Federal – sempre verso la loro fine – cercano di racimolare l’ultima stilla di grip permettendomi qualche chicane piuttosto criminale senza andare per fossi. Vado avanti così per un po’ fino a quando la spia riserva mi salva da me stesso, non sarebbe un bene farsi prendere troppo la mano dalla GTR. Torno lentamente verso Novara con lo scarico che anche a 2.000 giri rischia di far partire qualche antifurto, soddisfatto di aver giocato alla pari con un’arma simile. Ci sono sportive più eleganti, raffinate, certamente più veloci in un misto stretto eppure è impossibile non ammirare il mix determinato e ignorante di questa Skyline, un vero baluardo della cultura JDM in grado di battagliare con le supercar moderne, e che se fosse un manga vi terrebbe incollati fino all’ultima pagina.
Un grazie a Carlo per la sua belva JDM
di Tommaso Ferrari