ROAD RACER

Ho fatto un salto sul Passo del Maniva in compagnia di una Porsche 968 Clubsport, una delle sportive di Stoccarda meno note e – sorpresa – anche una delle più brillanti

Sono le 19.30 di sera, ho terminato il servizio fotografico e mi sto godendo il comodo abbraccio dei sedili a guscio della Clubsport, mentre la nebbia fa scomparire e riapparire il paesaggio davanti a lei. La mattinata è stata tersa, ora invece della suggestiva foschia nasconde a tratti la bianca carrozzeria della 968. Il Maniva, una regione montana in provincia di Brescia, è fatto così: due curve prima siete baciati dal sole e le due successive vi sembra di essere finiti per sbaglio dentro l’armadio delle Cronache di Narnia. Oggi l’imprevedibile meteo non ha dato di matto, e anche se alcune cime visibili dal passo sono imbiancate la giornata è stata limpida come sperato. Il Maniva non è solo noto per i suoi panorami brulli e selvaggi ma anche per strade fantastiche apprezzatissime dai fissati per la guida, l’ideale quando avete a disposizione – che coincidenza – le chiavi di una Porsche 968 Clubsport del ’95. Dire che fossi curioso a riguardo è come dire che darei solo un buffetto sulla guancia a quelli che mettono l’ananas sulla pizza, tanto più che la CS in Italia è quasi introvabile. La 968 sulla quale si basa nacque in un periodo complicato e poco fiorente per Porsche, e ora vi tocca sorbirvi un filo di storia: a fine anni ’80 la 944 è ormai datata e anziché presentare l’ennesimo restyling la casa di Stoccarda conia una nuova sigla, sperando di tracciare una netta demarcazione col passato e di portare una ventata d’aria fresca. Di conseguenza la 968 ha un design inedito, più morbido e moderno ispirato alla 928 e un’altissima percentuale di componenti è riprogettata o migliorata.

Primo su tutti il motore, il cui 3.0 litri ora sviluppa 240 cavalli e 305 Nm di coppia con sistema di fasatura variabile VarioCam e cambio manuale a sei marce, la prima ad averlo dopo la sofisticatissima 959. Nonostante l’impegno i risultati sono deludenti, e tra il 1991 e il 1995 le vendite della 968 non si avvicinano nemmeno per sbaglio alle previsioni. Dopo il primo anno una stizzita Porsche decide che la 968 – se proprio non può essere un successo commerciale – debba almeno lasciare un segno nella storia. Ed ecco spuntare la Clubsport. Presentata nell’Ottobre del 1992 la CS è un bel grattacapo per le sportive dell’epoca: il quattro cilindri 3.0 litri resta invariato, tutto il resto no. L’assetto viene irrigidito e rivisto, oltre che ribassato di 20 mm, i sedili posteriori vengono eliminati e quelli anteriori sostituiti con dei Recaro a guscio, spariscono il tergicristallo posteriore, il clima, la radio, la chiusura centralizzata, buona parte del materiale fonoassorbente, la copertura del propulsore e i vetri elettrici tornano a manovella. Al posto del grasso volante a quattro razze ne arriva uno a tre razze senza airbag, la batteria è sostituita con una più leggera, il radiatore ha una ventola di raffreddamento anziché due e i cerchi sono da 17 pollici con canale più largo. Infine Porsche aggiunge un differenziale autobloccante con bloccaggio al 40%, una barra duomi e gomme più larghe, da 225/45 all’anteriore e da 255/40 al posteriore. Potevate optare per riavere alcuni lussi come il clima e i vetri elettrici, così come potevate scegliere di eliminare le stupende scritte sulle fiancate, ma si sarebbe sbiadito il significato della Clubsport.

Se eseguita in maniera integrale la dieta fa crollare il peso della 968 da 1.400 chili a 1.320, sufficienti per staccare lo 0-100 in 6,1 secondi (anche meno secondo certe rilevazioni) e toccare i 260 km/h. E, aspetto fondamentale, la guida cambia radicalmente. In meglio, molto meglio. La CS che ho ‘requisito’ è forse la più bella Clubsport possibile: verniciatura in Grand Prix White, cerchi dello stesso colore e scritte azzurre, una combinazione speciale e sobria allo stesso tempo. Rossa o gialla con i cerchi in tinta francamente erano un pugno in un occhio. Per assecondare ancora meglio l’anima da ‘track car’ della 968 CS i precedenti proprietari hanno aggiunto un estintore e delle cinture (sempre Sparco) a quattro punti, modifiche azzeccatissime; il rito di allacciare le cinture da corsa prima di partire per un bel passo di montagna è sempre adrenalinico (e fa sentire un sacco fighi). E’ esattamente ciò che faccio un sabato mattina presto, mi stringo nei sedili a guscio e punto in direzione Maniva, a circa un’ora e mezza di distanza… che diventa poco più di un’ora sia per il poco traffico sia per la capacità della CS di mettervi a vostro agio rapidamente. Il cambio è fantastico, meccanico, preciso, sciolto, con una rapportatura non troppo lunga e una leva vigorosa nei passaggi di marcia. Il motore ha una cilindrata unitaria rilevante (750 cc), di conseguenza la coppia ai bassi permette di scivolare pacati in quinta o addirittura sesta marcia sotto i 2.000 giri, e il Variocam – un sistema non eccitante come un Vtec ma davvero efficace – conserva parecchia rabbia anche verso i 6.000 giri, con un crescendo appena passati i 4.000.

Ciò che brilla su tutto è il bilanciamento e la naturalezza del telaio, uno dei più sinceri dell’epoca e uno dei maggiori pregi della 968. Nel mentre l’assetto sta soffrendo per l’asfalto pessimo che porta a San Colombano, ultimo paese prima del Passo del Maniva, e anche le mie ossa vedono un futuro fatto di lettini e fisioterapia. Superata l’ultima frazione comincia un tratto avvolto dal bosco con un manto stradale vagamente accettabile e una sequenza variegata di tornanti, ed è lì che lo sterzo della Clubsport diventa vivo. La ripartizione dei pesi praticamente perfetta unita all’ottimo autobloccante e alla trasparenza dello sterzo significa che posso concedermi qualche pacato sovrasterzo, la Clubsport vi comunica tutto quel che serve sapere e in men che non si dica arrivo al Giogo del Maniva. Il Giogo è il punto di arrivo per molti – ci sono un paio di ristoranti e un piazzale con un’ottima vista – ma la colazione può aspettare perché è da qui in avanti che le cose si fanno stuzzicanti. Quando il passo non è chiuso per l’inverno potete continuare a salire fino al monte Dosso dei Galli e – doverosa pausa a effetto – questi sono alcuni dei chilometri più illegali e scenografici che possiate fare in tutta la provincia. Il 90% del traffico sparisce, i panorami diventano mozzafiato e l’asfalto migliora, insieme alla strada che si evolve in un susseguirsi di compressioni, tornanti e curve veloci dove posso godermi la Clubsport senza che la mia patente venga lanciata in un tritadocumenti. Al termine della strada ci sono due perle del Maniva: una continuazione di sterrato leggero – che porta al Crocedomini e che evito accuratamente con la 968 – e una ex base NATO, un’immensa stazione radio costruita durante la Guerra Fredda e abbandonata nel lontano 1995.

Le due parabole di trenta metri insieme ai desolati edifici sottostanti sono una visione lunare, sottolineata da un paesaggio sempre più aspro e selvaggio, e inevitabilmente affascinante. In questo silenzio siamo solo io e la 968, che a questo punto richiede tutte le mie attenzioni. Mi riaccomodo nei comodissimi Recaro e sbrigo più velocemente la procedura delle cinture, giro la chiave – in questo caso a destra, niente tradizione Le Mans per lei – e il quattro in linea risuona tra i monti con un pulsare rauco. Il sound della Clubsport, per quanto meno esaltante e esotico del leggendario flat six è davvero particolare come quattro cilindri. Sotto i 2.500 giri borbotta piuttosto civile – e data l’abbondanza di coppia significa che potete evitare di infastidire chi sta facendo birdwatching – per poi trasformarsi appena l’ago supera esattamente quota 3.300 inasprendosi al crescere dei giri. 240 cavalli su 1.320 chili non sembrano sconvolgenti, eppure la CS spinge in maniera poderosa, non vi sono altri termini. Già ai bassi il motore è pieno, forte, ma è dai 4.000 giri in poi che il VarioCam sfodera tutto il suo potenziale con un progredire costante apparentemente senza sforzo. In quota (siamo ad oltre 2.000 metri) parte delle prestazioni va persa, in pianura invece il motore aspirato recupera tutti i suoi cavalli e mi preme la schiena contro il sedile anche in terza piena. Il range ideale è tra i 3.500 e i 5.500 giri, tenete in ‘equilibrio’ il quattro cilindri e le reazioni saranno immediate, robuste, ottime per tracciare una curva come aveste in mano una matita professionale o per giocare col posteriore. Non che vi sia davvero bisogno, ma chiudere la curva usando il retro della 968 è una sensazione squisita, quasi delicata.

La paffuta corona del volante è decisamente più sportiva dell’originale, pur non essendo istantaneo lo sterzo è chiaro nelle informazioni e lo sarebbe ancor di più se le gomme non avessero qualche anno sulle spalle. Già così la 968 trasmette fiducia, ma come dicevano la star è il suo equilibrio generale. La Clubsport mi ricorda tanto – eh si – la GT86, una delle ultime auto analogiche con una naturalezza ed una sincerità di telaio commoventi. La Clubsport per quanto abbia un approccio più duro e mascolino alla guida è molto simile: l’assetto granitico permette di curvare praticamente piatti e il telaio ispira una dose massiccia di fiducia, sia per le reazioni schiette sia per la sua comunicatività. In inserimento il sottosterzo compare solo come avviso di un imminente – e soddisfacente – sovrasterzo e anche al limite in percorrenza la 968 ha un comportamento uniforme, seppur più esigente. L’asfalto del Maniva cerca di scomporre la CS che incassa senza problemi (un po’ meno la mia schiena) tenendomi immerso in una guida coinvolgente e priva di fronzoli, esattamente ciò che la maggior parte delle sportive moderne ha scordato. Prendete nota. Qualche ‘infervorato’ chilometro dopo mi ritrovo in un altro spiazzo panoramico del Maniva, dove mi fermo per terminare gli scatti statici e ragionare sul look della coupé a motore anteriore di Stoccarda. Mi piace. La 968 non è dotata di una bellezza universale, è semplicemente vistosa, il giusto per attirare sempre il vostro sguardo. La linea è slanciata, acquattata, una sagoma che è difficile confondere a dispetto della sua semplicità.

La Clubsport durante questa giornata si è rivelata una vera sorpresa, una di quelle piacevolmente inattese, come quando trovate cinquanta euro che non ricordavate nel portafoglio o una vaschetta di gelato ancora murata tra gli strati del freezer. I progettisti di Stoccarda non avranno realizzato una best seller ma possono consolarsi, perché han dato vita ad una sportiva curatissima nella dinamica, coinvolgente e fantastica da guidare, ben più del previsto. I comandi trasmettono solo piacere tattile e lo schema transaxle e il telaio così raffinato sono l’esempio di quanto possa essere naturale e apprezzabile il binomio motore anteriore-trazione posteriore. L’unica nota amara è un vago senso di incompiuto nella Clubsport: seppur sorprendente avrei preferito ancor più lavoro dietro la 968 CS, una trentina di cavalli in aggiunta rispetto al motore originale e ancor meno peso, e perché no, un bel rollbar in tinta come le Porsche che godono del trattamento RennSport. Questa minima parentesi non rovina ciò che penso della CS, una Porsche poco nota e che sicuramente mi mancherà dopo la rivelatoria giornata in Maniva. La Clubsport vale quindi il sovrapprezzo rispetto alla 968 standard? Senza neanche l’ombra di un dubbio.

Grazie ad Enrico per la CS

di Tommaso Ferrari