The I.C.E. 2023

L’evento che racchiude classe, esclusività, panorami eccezionali e vetture ancor più incredibili è tornato più seducente che mai. Non potevo mancare

Nessuna sorpresa nell’affermare che anche quest’anno il The ICEl’International Concours of Elegance di St. Moritz – si sia rivelato incredibile, niente di meno che sublime. Il successo repentino riscosso dall’evento nato nel 2019 (praticamente ieri) è impressionante. In soli quattro anni il concorso perla dell’Engadina è stato capace di elevarsi al livello di Pebble Beach o Villa d’Este, e leggendo le prossime righe capirete che non mi hanno pagato per dirlo. Un numero leggermente minore di vetture rispetto all’edizione scorsa è stato ampiamente compensato da una varietà ed una rarità, o per essere più corretti unicità, mostruose. Appena i piedi toccano la superficie ghiacciata del lago di St. Moritz non so se credere ai miei occhi: Stratos HF Zero, Bertone Sibilo, Mercedes C111, Huayra Codalunga, Lincoln Indianapolis Boano, Ferrari 166 MM/212 Export ‘Uovo’, D-Type… un convoglio di alcune delle creazioni più ardite che la mente umana possa offrire mi sfila davanti come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Quando poi la Miura Millechiodi e la 250 TR ‘LucyBelle’ affrontano la curva iniziale del tracciato completamente di traverso – seguite da una 356 A cingolata per le spedizioni artiche – mi do un pizzicotto; ebbene sì, è tutto vero. Analizziamo per un attimo la situazione. Stiamo parlando di vetture uniche al mondo, one-off, concept, esperimenti… un patrimonio automotive letteralmente inestimabile che (se siete molto fortunati) potreste vedere in un museo o in una collezione privata una volta nella vita. Faticate a trovare immagini o modellini di tali unicorni diamine, e ora sono qua di fronte a me, sopra a dell’acqua temporaneamente allo stato solido guidate come i loro progettisti volevano fossero guidate. Ecco cosa rende ogni volta unico il The ICE, niente affaristi o finti appassionati, solo persone facoltose e concrete che non hanno remore a sfruttare le loro meraviglie a motore, godendone e facendo in modo che chiunque possa bearsi della loro vista da ‘una volta nella vita’.

Per quanto la storia dell’International Concours of Elegance sia recente le sue origini sono ben più antiche, quando decenni e decenni or sono si iniziarono ad organizzare partite di polo e corse di cavalli sulla superficie ghiacciata del lago, in aggiunta alla Cresta Run, una gara di slittini all’ultimo sangue organizzata ancora oggi. Nel 1985 alcuni membri di questo esclusivo club affrontarono il viaggio fino a St. Moritz a bordo delle loro Bentley cabrio, a capote abbassata of course, spingendosi fin sui bordi gelati del lago. L’idea – 34 anni e molta perseveranza più tardi – fornì l’ispirazione per il The ICE che oramai è una traccia indelebile sul calendario di ogni petrolhead. Le opere d’arte sopracitate peraltro erano solo – scusate il gioco di parole – la punta dell’iceberg del The ICE, visto che il parco chiuso espone altre vetture leggendarie: Auto Union C-Type, Ford GT40, Alfa Romeo 6C 2500 SS Villa d’Este e Tipo 33/3 Le Mans, Bizzarrini 5300 GT Strada, Maserati 420M/58 ‘Eldorado Special’ e Tipo 61 Birdcage, Pagani Zonda F, Ferrari di ogni sorta… non vi è il rischio di abituarvisi. Mi servirà un pacemaker. Girovago per il villaggio allestito durante l’evento sgranando gli occhi ad ogni passo, rapito dai dettagli di una Hispano Suiza o sedotto dal sound di una Cobra 289 che sta scaldando il poderoso V8. Per il 2023 le categorie stabilite sono 5: “Queens on Wheels”, quelle classiche contraddistinte da una linea indiscutibilmente mozzafiato, “Concept Cars & One offs”, vetture uniche e rivoluzionarie, “Barchetta on Lakes”, per godere a pieno dell’ebbrezza di guidare con gomme chiodate e sole raggiante sul tracciato lacustre, “Le Mans 100”, auto da competizione esibite per omaggiare il secolo di vita di una delle gare più importanti al mondo e “Open Wheels”, che come suggerisce il nome racchiude vetture da corsa a ruote scoperte.

L’infame compito (ma veramente infame, potete immaginare dover scegliere tra tali capolavori?) di stabilire una vincitrice tocca come usuale ad una giuria di otto personaggi di spicco del settore, capeggiati da Marco Makaus, il patron del The ICE, con un verdetto quasi interamente all’italiana. “Queens on Wheels” incorona la massiccia e lussuosa Bentley S1 Continental Drophead Coupé del 1958, per la classe “Concept Cars & One offs” era quasi inevitabile il successo della Stratos HF Zero del 1970, “Barchetta on Lakes” premia la Ferrari 500 Mondial Series II del 1955, “Le Mans 100” è vinta dalla superba Ferrari 250 TR ‘Lucybelle’ mentre “Open Wheels” vede primeggiare la Maserati 420M/58 della collezione Panini. Anche per l’ambitissimo “Best in Show” il trofeo è assegnato alla Lancia Stratos HF Zero disegnata da Marcello Gandini, il cui design è spaziale persino dopo 53 anni. Se tutto questo proliferare di ottani e fascino non bastasse a convincervi a preparare i bagagli per il prossimo anno non dimenticate che in qualche modo a St. Moritz bisogna pur arrivarci, il che implica affrontare il Passo del Maloja o del Bernina.

Non solo parliamo di due passi montani perfetti per la guida – il primo molto guidato nella parte bassa, il secondo spettacolare nella parte alta – ma i panorami che li circondano sono incantati, specialmente quando sono ammantati da candida neve. A questo giro ho scelto il Passo del Bernina; avrei dovuto avere un’auto stampa che definire “peculiare” sarebbe come definire le Highlands Scozzesi “un appezzamento di terra carino”, peccato che la misura delle gomme anteriori invernali fosse impossibile da reperire. Difatti non esiste proprio; mi rifarò quando verrà più caldo (come potrete leggere nella prossima prova). Ho rimediato affrontando il viaggio con la mia inarrestabile scatolina anni ’90 (la GTV non è esattamente un gatto delle nevi e la boa gialla, la mia vecchia Ducatona stradale, era in letargo) che mi ha stampato un sorriso dopo l’altro, sia per le sue assurde tendenze sovrasterzanti sia per il senso di ‘avventura’ che ogni auto storica regala durante un viaggio impegnativo.

Quest’anno il The ICE si è diviso in due giornate anziché una singola, venerdì (per l’esibizione statica) e sabato, durante la quale la parte espositiva si alternava a quella dinamica e i proprietari erano ben lieti di spremere allegramente i motori di questi oggetti pieni di fascino e storia. C’è stato un solo neo in un piano altrimenti perfetto: il caldo. E’ buffo lamentarsi di un meteo clemente, il problema è che le temperature sono state quasi primaverili, un pessimo modo di convincere il ghiaccio a restare solido. Di conseguenza – per evitare che centinaia di milioni di euro sprofondassero nel lago – i giri del tracciato sono durati un’oretta e mezza al posto della giornata intera, e l’accesso alle tribune (ottimo punto di osservazione) è stato interdetto per non concentrare troppo peso in un’area ristretta. Due inezie che non hanno rovinato lo spirito e l’umore di una giornata magica, capace di unire rarità, jet set, case produttrici, storia, divertimento e natura a delle vetture classiche difficili da ammirare in museo, figuriamoci in movimento tra neve e ghiaccio! Sono già in fibrillazione per la prossima edizione, sicuro che sarà ancor più memorabile.

Ferrari ‘The Little Car Company’ 250 TRJ

Il The ICE da solo basterebbe e avanzerebbe per riempirmi il cuore di gioia, ma sapete che avere un volante tra le mani rende il mio io interiore ancora più felice. Mettendo in campo abili doti di persuasione e occhioni dolci sono riuscito a testare un’auto anche all’evento svizzero, tuttavia non a benzina! L’estetica di tale ‘classica’ è affascinante seppur in ‘miniatura’ e i progetti della vettura risalgono agli anni ’50 e ’60, per quanto la compagnia sia nata solamente nel 2019. Sufficientemente confusi? Ebbene, mi riferisco alla “The Little Car Company”, un’azienda inglese situata nell’Oxfordshire specializzata nella ricreazione di alcune famosissime classiche del passato, però – ecco l’inghippo – in scala 3:4 e mosse da un motore elettrico. Verrebbe da definirle ‘toy car’ ma sarebbe inappropriato sia per il prezzo – doloroso, dopo ci arriviamo – sia per l’immenso lavoro dietro alla loro realizzazione, sbalorditivo in proporzione alle dimensioni.

La compagnia fondata dal lungimirante Ben Hedley al momento conta tre modelli suddivisi tra Aston, Ferrari e Bugatti, e ciascuna è rifinita al livello di una sportiva di fascia alta. Già il fatto di aver conquistato la licenza ufficiale Ferrari dice tutto. Prendiamo come esempio il modello provato oggi, una tenera Ferrari 250 TRJ (dove la J sta per Junior): la carrozzeria è costruita battendo l’alluminio a mano per qualcosa come 400 ore di lavoro totale, il telaio è identico a quello di una 250 Testarossa vera, fedelmente replicato secondo i progetti di Maranello, così come le sospensioni. Gli interni sono curatissimi e persino con il famoso manettino Ferrari, il differenziale è autobloccante e le proporzioni stesse sono studiate seguendo al millimetro il design originale. Sotto al cofano si cela una targhetta che attesta il benestare di Maranello e identifica numero di telaio e luogo di costruzione, oltre a ciò che muove questa supercar in miniatura, una batteria da 12 o 15 Kw. A seconda della configurazione si possono ottenere fino a 100 km/h di velocità massima, anche se Hedley mi spiega di poter facilmente sviluppare le batterie per oltre 120 km/h. L’abitacolo è stretto ma non angusto, davvero ben rifinito, e come su un go kart frenate con il sinistro e accelerate con il destro. Gomme chiodate, tracciato ghiacciato, metto in Drive e via a sfogare la mia curiosità: dato il raggio di sterzata tragico e i molti tornanti del percorso capisco subito che è meglio mettere la TRJ anticipatamente di traverso per percorrere la curva, sfruttando il brio del motore elettrico e l’agilità di questa simpatica creazione a trazione posteriore. Telaio e sospensioni – il ghiaccio non aiuta – sono rigidissime eppure mi sto divertendo come un bambino, specialmente nel curvone finale da percorrere rigorosamente in sovrasterzo pieno.

I 250 chili totali significano uno spunto ottimo, il volante ha una buona sensibilità e giocando con l’acceleratore (troppo on-off) riesco a far contento il CEO della Little Car Company, che al termine della prova mi accoglie sorridente con un “you were always sideways! I’m really glad you enjoyed it” ovvero “Eri sempre in sovrasterzo! Sono contento ti sia divertito”. In effetti è la prima auto elettrica, piccola o grande che fosse, che mi abbia genuinamente fatto sorridere, e l’attenzione ai dettagli è rigorosissima. Però… però giustificarne il prezzo è impossibile. La 250 TRJ – sedetevi e prendete un bel respiro – è vostra a partire da 97.000 euro, più gli optional come i dischi forati, le cinture da corsa e la verniciatura speciale. Ci sono Ferrari vere – come la 348, la 355 o la 456 GT – che costano meno! Basti pensare alla Morgan Plus Four che l’anno scorso mi portò al The ICE (per coincidenza ne ho incrociata una arancione targata inglese in cima al Bernina), un ‘giocattolone’ moderno con stupende linee classiche il cui prezzo si aggira intorno ai 100.000 euro. Non che importi alla piccola casa nei pressi di Oxford, dato che sono state già vendute 200 Ferrari, 70 Bugatti e un numero simile di Aston Martin, ad un ritmo di 5 alla settimana. Chapeau!

di Tommaso Ferrari