IL VIOLINO DI ARESE
All’edizione primaverile di ASI in Pista mi sono imbucato con una purosangue italiana, l’Alfa Romeo 147 GTA, compatta sportiva dal carattere rude e dal motore idilliaco, un connubio che non conquista solamente sulla carta
Le molle si comprimono, si estendono e si comprimono nuovamente senza un attimo di sosta, oppresse dallo stesso carico che sta per avere la meglio sulle gomme. La GTA ondeggia, saltella, lotta per mantenersi composta lungo questo curvone da quarta piena a 150 chilometri orari. Raddrizzo progressivamente il volante, sfioro il cordolo e libero la melodia del V6 Busso, impaziente di poter sfruttare la propria possanza nell’immediato rettilineo. 170, 180, 185 orari… stacco, e con buon margine per non stressare troppo i freni già affaticati dai giri precedenti. Il pedale affonda morbido, il cambio si ritrova in terza mentre doso l’acceleratore mirando i successivi punti di corda e poi, di colpo, la bandiera di fine turno sventola davanti ai miei occhi. Fine dei giochi, per ora. Ci troviamo al Tazio Nuvolari (il circuito di Cervesina che prende il nome dal mitico pilota mantovano) per partecipare al nuovo appuntamento primaverile di ASI in Pista.
L’Automotoclub Storico Italiano ha deciso di duplicare l’evento annuale cambiando location, e per quanto Varano sia divertente il Tazio è un gradino sopra: ad una parte prettamente tecnica – tutta da seconda e terza affrontata di fino – si aggiunge una sezione veloce inframmezzata solamente dal sopracitato curvone, per un totale di 5.260 metri di concentrazione e sorrisi. Tra i cordoli ho buttato un peso medio che non ha bisogno di presentazioni (ma le farò ugualmente), l’Alfa Romeo 147 GTA. La muscolosa compatta sportiva sotto il cofano cela il famigerato 3.2 litri V6 Busso, ultimo baluardo del violino di Arese, il canto del cigno di un propulsore che tanti alfisti piangono ancora nelle notti più solitarie e sconsolate. La battagliera hot hatch non è esattamente una Integra Type R DC2 tra le curve (tradotto: non è a suo agio quanto un piromane in un bosco) ma oggi è riuscita a strappare una buona figura. Ci arriveremo tra poco.

Se non contiamo la 155 GTA (rimasta una one-off) ci vollero decenni prima che ad Arese decidessero di rispolverare la sigla “Gran Turismo Alleggerita”, il leggendario acronimo che identificava le Giulia serie 105 più raffinate e prestanti di sempre, specialmente nelle competizioni. Circa un anno dopo la presentazione della 156 GTA – avvenuta nel Settembre del 2001 – il Salone di Parigi accende i riflettori sulla 147 GTA, versione minacciosa della compatta entry-level del Biscione. Esteticamente i cambiamenti sono numerosi, incisivi, ma al tempo stesso razionali e armoniosi; non c’è l’abisso cosmico che separa una 5 GTL da una Renault 5 Turbo I, nonostante ciò non rischierete mai di confondere una GTA con una 147 JTD alimentata con il volgare carburante del demonio. La carrozzeria pennellata da Walter De Silva e Wolfgang Egger guadagna paraurti anteriore e posteriore più aggressivi, minigonne ‘ventilate’, un discreto spoiler, passaruota lievemente allargati, doppio scarico laterale e dei meravigliosi cerchi da 17’’ a cinque fori ispirati ai Teledials della GTV 916. Il condimento finale sono tre sospette lettere che ammiccano alla destra del portellone.
Per la 147 niente Peraluman 25 (la lega utilizzata per la Giulia GTA), al suo posto freddo acciaio per tutti i pannelli esterni fatta eccezione per paraurti e minigonne, qualche chilo viene invece limato utilizzando l’allumino per il telaietto posteriore. Alfa affina la ‘156 due volumi’ buttando nel calderone una miriade di migliorie: assetto più rigido e più vicino al suolo, barre antirollio maggiorate, uno sterzo più rapido, freni Brembo a quattro pompanti, sistema VDC (Vehicle Dynamic Control, un ESP più nerd) di serie, calzature Pirelli e via dicendo. La casa del Biscione ottiene così una 147 più rapida ed efficace, ma perché diventi davvero arrogante manca un dettaglio: il motore… e che motore. All’epoca una trazione anteriore da oltre 200 cavalli pareva sensato quanto massaggiarsi la schiena con una grattugia, ebbene, la GTA monta un 3.2 litri V6 aspirato da 250 cavalli, più della Golf R32 Mk4 e molti più della Focus RS Mk1.


Ad Arese hanno quindi piazzato un differenziale autobloccante Quaife come la homologation special Ford? Nossignori. Han progettato un elaborato sistema di trazione integrale come la tedesca? Nein. Quei 250 cavalli – e 300 Nm di coppia – sono spalleggiati solamente da un classico differenziale aperto; sperare che tutto vada liscio è come tentar di radunare un gregge di centinaia di pecore utilizzando un chihuahua. Lo 0-100 si archivia in 6,3 secondi e la velocità di punta è di 250 km/h, ma il mondo non è tutto dritto e i 1.360 chili della 147 e i suoi calori andranno in qualche modo gestiti tra i cordoli. Indosso il casco e mi siedo al posto di guida con accanto Roberto, il proprietario che da anni coccola in maniera ossessiva ogni aspetto della GTA; il fatto che non mi abbia obbligato a guidare con dei copri suole in plastica è già segno di vera amicizia.
Risveglio il Busso e l’unica parte non stock dell’Alfa – il terminale Supersprint – si palesa senza troppi riguardi con un sound che scalda il cuore: ai bassi è tutto un gorgogliare e borbottare mellifluo mentre agli alti è più graffiante di una lince, rabbioso e insolente, tutt’altro che disarmonico; non è proprio concepibile stufarsi di queste note. La frizione stacca progressiva e consistente, la leva del cambio – precisa seppur un po’ legnosa – scorre tra le mie mani agile mentre comincio il primo giro lanciato insieme ad alcune 911, un paio di M3 E30, una Boxster S, una GTV6, una Golf GTI Mk3 e altre youngtimer allettanti. La star indiscussa (sorprendente vero?) è quel magico sei cilindri davanti a voi: un capolavoro, e non sono uno che si impressiona facilmente. Il 3.2 litri ha tanto corpo in basso, un poderoso crescendo che comincia appena passati i 2.000 giri e non accenna a fermarsi se non ai 7.200 giri del limitatore. In autostrada ero colpito dalla ripresa in sesta, a Tazio sono ammirato dalla rabbia che il Busso accumula oltre quota 4.000, una spinta lineare ma mai noiosa: viola in basso, chitarra elettrica in alto.


Ora, cerchiamo di non concentrarci solamente sul propulsore. La dinamica della GTA… aaah, quel seducente V6 Busso. Scusate, riprovo. La dinamica della GTA non è particolarmente complessa, l’equilibrio generale è in prevalenza neutro e checché se ne dica la hot hatch italiana è sottosterzante solo a causa della scarsa trazione in uscita, non a causa del telaio; anzi, non vi fosse l’ombra dell’ESP il retro sarebbe persino invogliato ad aiutarvi a chiudere la traiettoria in inserimento. Non che l’intervento dei controlli sia invasivo: il VDC si intromette in maniera relativamente delicata, quasi impercettibile, se non fosse che il posteriore resta troppo piantato. E’ come il vostro gatto che vi fissa mentre dormite: non lo vedete, ma sapete che è lì pronto a infastidirvi.
L’ASR invece – il controllo di trazione – lui sì che si può disinserire. Pigio il tastino per sciogliere le briglie e in uscita affondo tutto senza ritegno, il muso scarta verso l’esterno come se fosse stato preso all’amo da un pescatore invisibile mentre parte del battistrada anteriore si dissolve in fumo. Beh, era prevedibile. Sfioro l’acceleratore con più tatto di un pianista e la delicatezza subito ripaga, niente scenografici pattinamenti o traiettorie rovinose, abbiate pazienza e il muso della GTA seguirà i vostri input. L’altra motivazione che mi costringe a guidare pulito sono gli pneumatici, un treno di Taurus UHP dalla spalla morbida quanto un soufflé appena sfornato e dalla ridotta sensibilità. Il grip è anche accettabile ma queste cedevoli gomme non contribuiscono al coinvolgimento globale; Roberto vuole cambiare il prima possibile per passare a delle più raffinate Michelin Pilot Sport 4S o a delle S 5, e io sarò ben lieto di accelerare il processo. A dispetto delle carenze di tenuta e del frontale indisciplinato la GTA sta dando tutta se stessa dimostrandosi un osso duro per gli altri partecipanti, sfortunatamente il turno termina in fretta.

Rientriamo ai paddock e facciamo respirare la hot hatch, nel frattempo ci deliziamo gli occhi con l’ampissima varietà accorsa ad ASI in Pista. Renault 5 Maxi Turbo, Delta Safari, 037, Alpine A110, Ferrari Dino, 205 Rallye, M3 E46, Audi RS2, Porsche 914-6 e 911 da corsa, Impreza, Talbot Lotus e persino l’Alfa Romeo 184T F1 di Patrese; insomma, non ci si annoia neanche a piedi. Pranziamo alla spiccia e il richiamo dei cordoli torna forte, risveglio il Busso e vedo di affinare ulteriormente la mia amicizia con la 147 GTA. Il doppio scarico del 3.2 litri si sta rivelando basso, tenore, baritono e contralto tutto in uno, ogni scalata è così commovente che faccio il punta-tacco anche quando non è minimamente necessario. Mi impongo ancor più pulizia nella guida e la GTA comincia davvero a dare soddisfazioni: l’assetto non è (per fortuna) eccessivamente rigido o granitico su strada eppure resta composto in pista, anche nella chicane centrale da terza piena.
Lo sterzo invece è fine ed ergonomico da impugnare, informa in maniera quasi adeguata le vostre dita (farebbe sicuramente meglio con gomme migliori), l’avrei solo preferito più pesante. Il vero problema di questa Gran Turismo Alleggerita sono i freni, ampiamente sottodimensionati rispetto alle prestazioni di cui è dotata la 147 più ribelle del listino. Già dopo la fine del secondo giro il pedale perde solidità e consistenza, e dal terzo in avanti staccare richiede parecchia ponderazione. In tutto il turno il fading non arriva mai al punto di far alzare bandiera bianca all’impianto frenante – meglio così, né a me né a Roberto piace la ghiaia – ma gli spazi di frenata vanno fastidiosamente ricalcolati e il feeling è abbastanza spugnoso. E’ una pecca di non poco conto, specialmente se volete sfruttare la compatta italiana in pista; personalmente varrebbe la pena valutare qualche miglioria, anche solo per la questione sicurezza, non sarebbe carino trovarsi col pedale stanco mentre scendete da un passo di montagna.


La questione freni non ottenebra il fascino della GTA, una hot hatch italiana scolpita e prestante ma con la sua dose di eleganza. Il vano motore è già di per sé un bel vedere, dominato dallo scintillio dei collettori di aspirazione e dalle scritte rosse, anche gli interni sono più curati di quanto potreste aspettarvi. I sedili e i pannelli porta ‘a rigatoni’ (simili ai Momo Design della GTV 916) elevano lo stile generale e la seduta è contenitiva il giusto, comoda anche dopo i 400 e più chilometri di oggi. L’estetica generale della plancia è lineare e piacevole, classici quadranti ‘a cannocchiale’, sterzo a tre razze e pochi fronzoli, come se in Alfa avessero puntato sulla semplicità per concentrarsi al meglio sullo strumento musicale posizionato davanti al guidatore.
Nel rientrare a casa spremo la GTA lungo qualche strada nota, il problema dei freni risalta ovviamente meno, il grip delle gomme invece resta sempre un po’ altalenante. Al Tazio potevo permettermi di riporre più fiducia del dovuto nelle Taurus, su strada no, ecco perché mi godo un pelo meno la rabbiosa italiana; il lato positivo è che a differenza della pista qui è pieno di gallerie o muretti dove far riecheggiare il V6… . Oggigiorno mettersi in garage una 147 GTA comporta una spesa non indifferente, le quotazioni vanno dai 20.000 agli oltre 30.000 euro per un esemplare in condizioni da concorso e rigorosamente manuale, l’unica vera opzione da considerare: sceglierla automatica avrebbe meno senso di un abitacolo ritappezzato con carta da forno. La compatta italiana vi ripagherà con classe e muscoli e nonostante abbia decisamente più cuore che tecnica ne sono rimasto piacevolmente ammaliato, ecco perché ci siamo già prenotati per il prossimo appuntamento in pista, magari stavolta installando un autobloccante…

Un ringraziamento a Roby per la sua melodiosa GTA
di Tommaso Ferrari