DAMA NERA

Si trova ancora a prezzi umani, e a dispetto della trazione anteriore la GTV 916 è un’Alfa Romeo sorprendentemente piacevole da guidare e davvero di classe

Se chiudete gli occhi, e ascoltate dolcemente i mormorii portati dal vento, potrete sentire i lamenti di svariate persone. Sono Alfisti, quelli più accaniti, che hanno cominciato a lamentarsi nel 1993 – quando cessò la produzione della 75 a trazione posteriore – e ancora non hanno smesso. Non importa se negli anni siano apparse sportive posteriori come la 4C (una supercar in miniatura) e la 8C (letteralmente un’opera d’arte su ruote), o ancora la Giulia QV; per loro Alfa era morta, rea di un tradimento imperdonabile. La successiva 155 si rivela inadatta a riconquistare gli appassionati a causa di una linea bruttina e una dinamica poco esaltante, senza contare l’assenza di una versione davvero sportiva, eccetto un esemplare unico di GTA mai prodotto in serie. Che peraltro restava a trazione anteriore, ergo altre lamentele. Nemmeno le vittorie e la fama conquistate nel Motorsport salvano la 155. Parallelamente a questo dramma anni ’90 sta accadendo qualcosa di simile con la coupé sportiva della casa del Biscione, la GTV, che a sua volta riceverà un’erede ‘tutto-avanti’.

Nel 1987 Alfa termina la produzione dell’Alfetta GTV, una mascolina coupé a trazione posteriore celebre per le proprie vittorie nel Gr. 2 e nel Gr. A, e per la inconfondibile GTV6 stradale. Solo sette anni dopo, al Salone di Ginevra del 1994, la casa italiana ripropone finalmente una coupé sportiva in gamma, la GTV 916. E’ costruita attingendo ai pezzi di mamma Fiat disponibili in quel momento e ha la trazione dal lato sbagliato, ma la 916 cela un paio di assi nella manica: è bella da mozzare il fiato, e nemmeno malaccio da guidare. Nel 1995 viene subissata di premi dalla stampa: Autocar la incorona “auto dell’anno” e “miglior sportiva dell’anno”, Car Magazine la definisce “il miglior design dell’anno”, Auto Zeitung “la miglior auto da guidare” e Automobilia la dichiara “auto più bella del mondo”. Persino il cinico giornalista inglese Jeremy Clarkson la descrive come “una delle migliori sportive del suo tempo”. Niente male come premesse vero? E pensare che il telaio si basa sulla piattaforma VSS Tipo Due, la stessa utilizzata dalla paciosa Tipo.

Il primo modello in scala risale già al 1988 ad opera di Enrico Fumia (matita dietro alle linee della 164 e della Y) che abbozza il design della GTV per il Centro Stile di Pininfarina. La spettacolare incisione obliqua che taglia tutta la carrozzeria e il ‘cofango’ che dona l’impressiona di avere quattro proiettori tondi (ispirati al concept Audi Quartz, sempre di Fumia) sono due dei tratti più distintivi della 916, tutt’oggi motivo di stupore. Il resto è altrettanto elegante, niente fronzoli eccessivi o barocchi, solo pulizia di linee e semplicità per un risultato tremendamente di classe. La coda tronca (‘Kamm Tail’) omaggia i modelli passati e serve a ridurre le turbolenze aerodinamiche garantendo un Cx di 0,32. Installando il kit aerodinamico Zender disponibile dal 1999, composto da una grande ala posteriore, minigonne, prese d’aria sulle fiancate e splitter, si può addirittura arrivare a 0,30. L’immenso cofano – che come dicevamo ‘incornicia’ i proiettori Hella in realtà rettangolari lasciando scoperti solo abbaglianti e anabbaglianti – all’epoca era il componente singolo più grande mai montato su una vettura, realizzato in KMC (un materiale composito di fibra di vetro) allo scopo di contenere il peso.

Originale anche la fascia posteriore che ingloba fari, fendi e luci di retromarcia, un’altra brillante soluzione per avere un retro esteticamente pulito e leggero. Nel corso della sua vita la GTV riceve tre aggiornamenti, due minori nel 1997 e 1998, ed un terzo nel 2003. I primi due si focalizzano principalmente su dettagli: nuovi cerchi e la comparsa dei bellissimi sedili in pelle ‘MOMO Design’ con moquette e pannelli porta abbinati, nuova copertura motore e griglia frontale, piccole modifiche agli interni e minigonne in tinta. Il restyling del 2003 – non opera di Fumia – si concentra invece sull’anteriore, rivedendo il paraurti frontale e allungando la griglia per ricollegarsi al design della 147. Può apparire più moderno, ma francamente il risultato è pesante e un po’ dozzinale, specialmente se paragonato alle delicate Phase 1 e Phase 2. Per quanto riguarda le motorizzazioni la GTV ha un buffet di propulsori per soddisfare ogni esigenza: all’esordio si può scegliere tra un 2.0 litri quattro cilindri da 150 cavalli e un V6 2.0 turbo da 201 cavalli, presto affiancati dal famigerato e desiderato Busso, un 3.0 litri V6 aspirato da 218 cavalli.

Nel 1998 il quattro cilindri guadagna il variatore di fase e collettori diversi, arrivando a 155 cavalli, mentre gli anni 2000 vedono la comparsa di un quattro cilindri JTS da 165 cavalli e il Busso è portato a 3.2 litri e 240 cavalli. La motorizzazione minore resta l’1.8 litri da 144 cavalli presentata nel 1999. Negli anni vi sono state alcune versioni limitate, ma la più ricercata è certamente la ‘Cup’: 419 esemplari nati in parallelo con il rispettivo campionato ‘GTV Cup’. Per far vacillare gli Alfisti le Cup montavano di serie il kit Zender e i ricercati cerchi da 17’’ ‘Teledials’, differenziale autobloccante Q2 e sospensioni riviste; non diventava una lama ma guadagnava una bella dose di grinta. Per la nostra prova ci dobbiamo accontentare di una GTV 2.0 TS Lusso del 1998, in realtà piuttosto speciale. Non tanto per le sue ottime condizioni, ma perché l’esemplare di questi scatti… beh, è del sottoscritto. Ho adorato fin da piccolo le linee della 916, e nonostante fossi indeciso tra lei e una certa spiderina giapponese a trazione posteriore – più consona al mio stile di guida parecchio ‘esuberante’ – la scelta è ricaduta su quel design seducente e quei fantastici interni.

Dopo mesi di ricerca ho trovato la mia GTV a Torino ed esattamente dell’allestimento desiderato, con 83.000 chilometri, autoradio originale con carica CD Clarion nel baule, quattro paia di chiavi, doppio treno di cerchi e volante a tre razze, molto più bello del goffo quattro razze. I 17’’ montati dal simpaticissimo ex proprietario non mi garbavano molto, e i 16’’ originali li ho sempre trovati sottotono rispetto all’anima sportiveggiante della 916, così ho venduto i 17’’ e messo a far polvere i 16’’. Per rimpiazzarli bramavo i celeberrimi Teledials, rarissimi da 17’’ e con un design talmente bello da essere utilizzato ancora oggi (fate caso ai cerchi della nuova Tonale…). Ero disposto a spendere anche un rene per averli – ammesso di trovarli – ma per un set impeccabile ne chiedono due di reni, così ho desistito. Al loro posto ho optato per dei GTA originali sempre da 17’’, troppo moderni in argento e a mio parere molto più adeguati bruniti. Oltre a ciò ho lucidato la carrozzeria insieme ad un amico e eseguito un tagliando generale, mentre entro fine anno toccherà (per precauzione) cambiare la cinghia di distribuzione e il variatore di fase, che comincia a fare qualche rumorino in accensione. Le bronzine – tipico problema del 2.0 TS Pratola Serra – sono a posto… toccando ferro.

Dato che desideravo una 916 più per il fascino estetico che per la dinamica non ho nemmeno considerato un Busso o un V6 turbo (anche loro non certo una Integra Type R a livello di telaio), ma non vuol dire che non mi emozioni accendere ogni volta la GTV per una bella guidata. La prima cosa che colpisce, inaspettatamente, è il motore. Non per le sue prestazioni o la sua rabbia, ma per la sua incredibile fluidità e raffinatezza. Già da 1.500 giri, come il Busso, il 2.0 litri riprende con nonchalance disarmante e tra i 3.000 e i 4.500 giri è davvero risoluto; potete allungare tranquilli a 7.000 giri, nonostante la sua anima da Gran Turismo invogli a godere della coppia a metà giri. I contralberi di bilanciamento garantiscono una finezza di marcia ammirevole, senza vibrazioni a qualunque regime. Il cambio non è eccezionale, anzi, la corsa è chilometrica e in prima potreste essere benissimo in folle dal gioco che c’è, eppure lo apprezzo ugualmente per la sua estrema morbidezza e benevolenza negli innesti.

Le prestazioni evidenziano uno 0-100 in 8,5 secondi e una velocità di punta di 221 km/h riportata a libretto (216 km/h senza kit aerodinamico), più che dignitose quando avete 155 cavalli che devono sorbirsi 1.370 chili a secco. Ebbene sì, la GTV non è un’auto leggera, e in curva fatica a nasconderlo. Lo noto mentre salgo nuovamente verso il Maniva, un tortuoso passo in provincia di Brescia panoramico e ampio, ottimo per starsene tranquilli a guidare e fotografare. L’asfalto fino al Giogo (punto intermedio della salita) è tragico, fatta eccezione per un pezzo rifatto di recente dove ho provato a vedere cosa sapesse fare la bellezza italiana. Per qualche chilometro mantengo la GTV in terza piena, accompagnato da un sound leggermente rauco e tentando di pennellare traiettorie il più pulite possibili per evitare che il muso allarghi. Per quanto il telaio sia molto più rigido dell’originale – persino con parti d’alluminio e magnesio – e con un’ottima distribuzione dei pesi la tendenza è il sottosterzo, senza grosse sorprese. Il sovrasterzo compare solo al limite estremo, anche se è poco decoroso esagerare così con una distinta gran turismo! Il motore risponde bene e l’ampio anteriore cambia agilmente direzione, merito anche dello sterzo che conta solo 2,2 giri da parte a parte.

Le Pirelli Cinturato P7 (non proprio delle Trofeo R) si lamentano fastidiosamente mentre la 916 inanella una curva dopo l’altra, sul filo del grip e sfoggiando un passo più che discreto. In effetti veloci stiamo salendo veloci, come testimonia il mio passeggero sempre più pallido, ma un’andatura tanto infervorata non è il pane della GTV che pecca di comunicatività e non trasmette totale fiducia nei suoi movimenti. Dopotutto non è nata per essere portata al limite su un passo di montagna, inutile fingere che sia una Caterham o una Lotus. Il lato positivo è che il tratto riasfaltato è molto veloce, più adatto alla gran turismo italiana rispetto agli stretti tornanti che seguono, tra l’altro ancora dissestati e di conseguenza fatti pian pianino. Da vera sportiva (no, sul serio) è al contrario la posizione di guida, sorprendentemente bassa e con il volante regolabile a piacimento; peccato che la pedaliera non sia troppo ergonomica per il punta tacco. Le sospensioni – sulla mia un po’ stanchine lo ammetto – sono un buon equilibrio tra comfort e rigidità: riescono quasi a reggere l’asfalto indecente che conduce a San Colombano mostrando la giusta morbidezza e mantenendosi relativamente composte in curva. Si tratta di una guida piuttosto divertente per quanto non minimamente estrema, anche se in realtà è davvero raro che spinga al limite la GTV. Praticamente non ne sento quasi il bisogno. Questa coupé anni ’90 ha l’innata capacità di distendere i miei istinti ‘criminali’ e di rilassarmi come poche altre auto, merito del suo carattere di classe abbinato ad un pizzico di sportività. Non dormo? Vado a fare un giro con lei alle 5 di mattina. Ho avuto una settimana impegnativa? Scopro la GTV e raggiungo qualche zona montana e deserta.

La sigla Gran Turismo Veloce la definisce alla perfezione: è confortevole e ben rifinita, ha degli interni accoglienti, una linea davvero sexy e quel violino di motore può farvi attraversare regioni senza troppo sforzo. Appena presa, e dopo la giusta manutenzione, ho testato quelle tre lettere raccogliendo il coraggio a due mani e facendomi 1.200 chilometri tra Svizzera, Italia e Liechtenstein – in inverno – in soli due giorni. I miei timori (di qualunque genere avendola da poco) si sono rivelati infondati, con la GTV irreprensibile sotto ogni aspetto. Il riscaldamento è stato una fornace, la temperatura del refrigerante non si è mai mossa dalla sua ‘comfort zone’ e anche la radio è andata benone. Basta avere dei CD vecchia scuola. I sedili posteriori sono uno strumento di tortura a meno che non abbiate delle amiche minute, vanno benissimo invece come bagagliaio aggiuntivo, mentre il serbatoio da 70 litri può garantirvi un’autonomia notevole con un pieno considerando che a fare i bravi si riescono a percorrere tra i 12 e i 13 km/l (altrimenti 8-9 km/l).

La GTV 916 non è assolutamente esente da difetti: è nota per avere alcune componenti fragili, non è esattamente una F50 a livello di estro meccanico, non è bella come una E-Type e non è eccitante da guidare come una Giulia 1.6 GTA, però la adoro. Al suo prezzo – tra i 5k e i 10k euro per il 2.0 T.S. – non penso ci siano classiche che possano dare tante soddisfazioni. In un mondo di finti perbenisti che vogliono spingerci verso l’elettrico la GTV ha – toh guarda – ricevuto la sua inaspettata dose di attenzioni e complimenti, segno che di appassionati ve ne sono ancora tanti, e soprattutto capaci di ragionare con la propria materia grigia. In Maniva ad esempio un bambino ha voluto assolutamente esser portato a fare un giro, una signora voleva scambiarla con il suo lussuoso Suv (ignara del fatto che valesse cinque volte di più) e un signore mi ha ripetutamente chiesto di vendergliela. Ho dovuto declinare. Mi spiace, sarà anche una vecchia e fragile Alfa a trazione anteriore, ma per il momento non se ne va da nessuna parte.

In memoria di Beniamino Ferrari

                           

                                                                                                                                                                                                                                                                                  di Tommaso Ferrari