LA PAURA FA 75

Come un sipario il telo rosso inizia a sollevarsi scoprendo il retro e le nere fiancate di qualcosa di squadrato, molto italiano, minaccioso e… imbottito di cattive intenzioni. Un brivido mi sale lungo la schiena. Ammetto che non fossi troppo tranquillo al pensiero di guidare quest’Alfa dopo la telefonata del mio amico Giovanni, che si è svolta più o meno così: “Tommy ho appena ritirato la 75, sul bagnato si intraversa in qualunque marcia! Devi provarla, ti piacerà un sacco”. Lì sul momento i miei neuroni non son riusciti a formulare nessuna scusa abbastanza intelligente da rimandare l’inevitabile così me ne sono uscito solo con un tiratissimo “ah-ah-ah, volentieri Gio” ma in realtà stavo sudando freddo. Vedete, già la 75 non ha una fama da brava ragazza tutta casa e chiesa ma più casa-cimitero a causa di una meccanica raffinata ma piuttosto antiquata, un telaio di impostazione simile e dei controlli di trazion… ah no quelli non ci sono proprio. La nuova berlina Alfa è stata presentata nel 1985 per festeggiare il settantacinquesimo anniversario della casa del Biscione ma in quel decennio i soldi scarseggiano e si deve cercare di mantenere più componenti possibili della Giulietta, a sua volta pesantemente imparentata con l’Alfetta di inizio anni ’70. La meccanica rimane quella dell’antenata con trazione posteriore, schema transaxle, freni inboard al posteriore e ponte de Dion, quadrilateri all’anteriore e motore longitudinale; persino buona parte della scocca è quella della Giulietta anche se i designer riescono a modernizzare la linea cambiando il frontale, alzando il posteriore e dando una linea più slanciata e cuneiforme al profilo.

A dispetto del risicato budget la 75 incontra un buon successo, ha un bilanciamento 50:50 grazie al cambio al retro, la sempre gradita trazione posteriore e un peso compreso tra i 1.100 e 1.250 chili ma viene criticata per un rollio esagerato e un telaio che non è esattamente vostro amico, specialmente sulla versione più arrogante di tutte, la Turbo Evoluzione. Il look della Evoluzione è gonfiato all’estremo con fianchi allargati, una verniciatura che pare in fiamme e adesivi laterali che gridano anni ’80, ma il motore – passato da 1.779 cc a 1.762 per rispettare i regolamenti Gruppo A – ha una potenza inferiore a rivali come la Sierra Cosworth e la M3 E30, lasciandovi un po’ di amaro in bocca al pensiero di cosa sarebbe potuta essere quell’auto con un numero di cavalli adeguati all’aspetto. E ora torniamo a quella silhouette nera come la pece che sta uscendo dal garage con un borbottio sommesso e uno scarico che sembra rubato da una stufa a pellet. Questa 75 è un mezzo bello intrigante, una versione Turbo Quadrifoglio del 1991 ma con kit Evoluzione, ala e splitter presi dalla versione IMSA, assetto rivisto e giusto per toglierci il pensiero un motore con preparazione ufficiale Balduzzi che ha risolto il problema del divario di potenza rispetto alla concorrenza. In sostanza già la 75 Turbo Evoluzione è considerata maligna, adatta solo a guidatori esperti e poco propensa al perdono avendo ‘solo’ 155 cavalli… questa ora ne ha 220. E di nuovo quel brivido lungo la schiena.

Ai giorni nostri è difficile spaventarsi per 220 cavalli quando con un’Audi RS3 che ne ha 400 potete andare come un missile un attimo dopo aver accomodato i vostri glutei sui sedili in pelle Nappa, ma quando invece il vostro didietro sprofonda nel velluto spigato avvolto da un telaio scontroso e una meccanica che gioca con la vostra vita, senza controlli elettronici a tenere la disciplina, capite che non sono preoccupato a caso. Lascio per la prima ora il volante al proprietario in maniera da farmi un’idea del carattere della 75 e iniziare con i primi scatti, ma anche per una ragione che potete trovare solo su quest’auto: smontare e rimontare al volo lo splitter anteriore che ci portiamo in giro caricato sui sedili posteriori. Con la lama montata infatti l’Alfa è così bassa che non riesce a uscire dal cancello di casa o a superare il 90% dei dossi di paese, così mi tocca buttarmi sotto l’anteriore come un meccanico improvvisato ogni volta che serve. Appena montato lo splitter però l’estetica passa da cattiva a inquietante con sfumature di perfidia: la 75 sembra sul punto di scoppiare con quelle minigonne grosse come mattoni, un profilo letteralmente in discesa che pare perforare il terreno, la verniciatura total black e splitter e ala ripresi dalle corse; è arrogantissima. Le leggende criminali che contribuiscono alla fama della 75 paiono più vere che mai in questo momento e al nostro passaggio assistiamo a banche che abbassano al volo le saracinesche, vecchiette che scappano in casa e malavitosi che si sentono ansiosamente osservati; la 75 fa paura, punto. Ora devo solo scoprire quanta ne faccia a me.

Mi ributto di nuovo sotto l’anteriore per rimuovere lo splitter che rischia di abbandonarci ad ogni tornante e mi lascio avvolgere dallo spigato dei morbidi sedili, ma subito il bambino di cinque anni che è in me viene distratto dai pulsanti dei finestrini posizionati sopra la vostra testa in stile aereo caccia. Quanto sono belli! Concentrati Tommy. La frizione attacca altissima, levissima, purissima e una volta in movimento la 75 è più civile del previsto: la seduta è davvero comoda ma i fianchi non sono troppo aperti, lo sterzo è enorme ma leggero (la Quadrifoglio ha già il servosterzo) e se non fosse per gli scoppi e i gorgoglii dello scarico in rilascio il quattro cilindri non sarebbe nemmeno troppo rumoroso sotto i 3.000 giri. Dato che però lo splitter non c’è più io mi trovo nuovamente a corto di scuse per non superare quel regime… ma ormai la curiosità sta avendo la meglio sulla preoccupazione. Imbocco una strada tutta curve sopra al lago d’Iseo e cerco di dare del ‘tu’ alla bestia nera. Nonostante questo percorso molto tecnico sia pieno di tornanti stretti che non sono l’ideale della 75 il motore fa un figurone: mi aspettavo un turbo lag da “tutto o niente” invece già dai 2.500 il bialbero Alfa risponde bene e dai 3.000 fin oltre i 6.000 giri allunga lineare senza vuoti o incertezze, con una reattività di risposta che maschera quasi la presenza del turbo. Il sound cupo si incattivisce, le fucilate dallo scarico aumentano e in breve vi trovate a viaggiare a una velocità superiore al voluto, specialmente perché i freni non è che sono debolinon esistono proprio. Per la prima metà della corsa pensate di aver direttamente mancato il pedale ma poi avvertite una sorta di decelerazione, qualcosa degno di una Panda 30 o della vostra mano aperta fuori dal finestrino per frenare l’aria.

E’ abbastanza terrificante, ma è una 75, quindi è giusto così. Una volta che il vostro cervello ha registrato l’assenza dei freni non riuscite a trattenervi dal voler sfidare un’auto vecchia scuola, irascibile e tosta come quest’Alfa scoprendo che lo sterzo – anche se ha un diametro da camioncino – è piuttosto preciso e che il cambio va accompagnato negli innesti (non pensiate di violentare le marce come con un’Integra Type R o una Focus RS) ma ha una bella meccanicità e una rapportatura ottima per tenere in coppia l’1.8 che sbuffa davanti a voi. Ma se sfidate la 75… non illudetevi che faccia minimamente qualcosa per rendervi le cose facili, attende solo un vostro errore per darvi dei pivelli per non saperla domare, e questo carattere emerge ovviamente nelle curve. Il rollio in ingresso è ancora evidente nonostante le sospensioni migliorate, le gomme hanno una spalla da ciambella e il telaio non è male, ma non è ciò che definireste ‘prevedibile’. Il motore infatti è sì reattivo ma è pur sempre turbo e se vi trovate sotto i 3.000 giri la coppia in uscita dai tornanti prende il sopravvento e il retrotreno fa un po’ quello che vuole come un ragazzino capriccioso. Quando la 75 parte di traverso (sono sopravvissuto, evviva!) dovete essere pronti di controsterzo e sperare di scampare la pellaccia, poco aiutati dal differenziale autobloccante ZF che non può molto contro l’esuberanza del motore e gomme così alte.

Non si può dire che la guida dell’Alfa sia precisa ma il motore è fantastico, non avete controlli a tarparvi le ali o filtrarvi sensazioni e buona parte del coinvolgimento deriva dal cercare di educare l’indisciplinato telaio ai vostri voleri. In più la turbina gira ad una pressione conservativa… chissà cosa diventerebbe a salire verso il bar e mezzo o oltre. Questa 75 ha dei difetti, ma se non li avesse non sarebbe così di soddisfazione il riuscire a domarla e sopperire alle sue mancanze con il vostro impegno, soprattutto quando sopravvivete per raccontarlo. Personalmente questa preparazione sembra un’interpretazione di quello che sarebbe dovuto essere la 75 Evoluzione: più potente, rumorosa, speciale e con delle prestazioni all’altezza del look malvagio. Una piccola tregua – per pietà probabilmente – a questo tentato omicidio è data dagli interni accoglienti, logici e comodi come un salottino, con persino uno scomparto riviste, l’attacco per le cuffie e luci per leggere sul divanetto posteriore, e ovviamente (sappiamo tutti l’uso che ne veniva fatto) un capiente baule. La fama temibile della 75 è ben meritata e mentre la giornata volge al termine rimettiamo cautamente in garage quella linea nera, già arrabbiata e scontrosa per dover tornare a riposo… ma so per certo che il proprietario non resisterà nel tenerla ferma a lungo.  

Grazie a Gio per avermi fatto provare i brividi della sua 75 e a Noda per essere temporaneamente deceduto

di Tommaso Ferrari