* Testo integrale del lavoro svolto per Automobilismo d’epoca (Tradotto: è un sacco lungo)
RISCATTO ROSSO
Per festeggiare i trent’anni del modello ci siamo messi al volante di una Ferrari 348 TB immacolata, scoprendola capace di regalare molte più soddisfazioni di quanto dichiarato dagli scettici
Indicate a qualunque bambino una vettura bassa, attraente, sportiva ma soprattutto rossa e istintivamente vi griderà “è una Ferrari!” e – in particolare se qui in Italia – la considererà l’auto più bella e veloce che i suoi giovani occhi abbiano mai visto. A quel punto dovreste dolcemente spiegare al bambino in questione che non tutte le Ferrari sono belle, veloci o esenti da difetti: nessuna Mondial o 208 GT4 uguaglierà mai i livelli di fascino e importanza che hanno vetture del cavallino come la 166 MM Barchetta o la F50, senza nemmeno scomodare la rara e costosissima 250 GTO. Mentre vi dilungate in un esaustivo racconto dove evidenziate le meraviglie di determinati modelli considerati leggendari o le pecche di altri valutati come poco onorevoli per Maranello, giungerete ad un punto dove il ragazzino (nel frattempo è cresciuto) dovrà sorbirsi la vostra personalissima storia della Ferrari 348 TB. L’affascinante rossa è sempre stata in un limbo, divisa fra chi la vedeva come una vera Ferrari e chi la considerava una vettura pessima; dunque, quale occasione migliore dei suoi trent’anni per scoprire la verità nascosta dietro a tutte queste chiacchiere? Presentata al Salone di Francoforte del 1989 la 348 TB impressionò subito: senza troppi giri di parole, era bellissima. Leonardo Fioravanti creò per Pininfarina una carrozzeria composta da linee tese, semplici, ma tremendamente accattivanti, e il risultato fu uno dei disegni più puliti e raffinati mai usciti dalla matita del designer. Aggiungete il fatto che fra griglie laterali, muso affilato e fari posteriori la 348 faceva di tutto per presentarsi come una Testarossa in miniatura, e capirete come mai la lista di attesa per averne una superò di slancio i quattro anni.
L’aggressiva ma elegante linea fu solo uno dei motivi del successo della TB, visto che sia la parte meccanica che quella telaistica erano di gran lunga migliorate rispetto alla precedente e più classica 328 GTB. Il nome nasconde già svariati indizi: i numeri 348 non rimandano come in altri modelli alla cilindrata unitaria ma alla cilindrata totale cresciuta fino a 3.4 litri e al motore che ha mantenuto il classico schema a otto cilindri a V di 90°. La sigla TB invece sta sì per ‘Trasversale Berlinetta’ ma non si riferisce al V8 (che ora è montato longitudinalmente e non trasversalmente come nel precedente modello) bensì alla posizione del cambio a cinque marce. Un’altra interessante innovazione era il telaio che invece di essere interamente tubolare ora è uno scatolato in acciaio a sezione rettangolare unito ad un telaietto tubolare posteriore che attornia il motore garantendo una rigidità torsionale superiore alle antenate. A completare il tutto la lubrificazione è a carter secco, permettendo di abbassare notevolmente il propulsore a tutto vantaggio di baricentro e rollio. Ma allora, se era bella, scenografica, veloce e relativamente innovativa, quali furono i problemi che la marchiarono come una delle Ferrari più discusse di sempre? A parte qualche appunto mosso verso gli interni visti da molti come troppo banali o ‘economici’ per una Ferrari e il cambio dall’azione contrastata, la critica maggiore e più aspra riguardava tenuta di strada e telaio: a quanto pare la berlinetta V8 era tremenda da guidare, poco comunicativa, nervosa e instabile alle alte velocità; prima di capire quanto (o quanto poco) sia vero tutto ciò concentriamoci su questo specifico esemplare. La Ferrari 348 TB di oggi non solo è conservata magistralmente, ma è uno dei migliori esemplari al momento in circolazione con soli 16.000 chilometri, anche se sembrano persino meno. La carrozzeria verniciata in Rosso Corsa Ferrari scintilla come fosse fresca di lucidatura, il fascione inferiore nero tipico della prima serie non ha un alone o un difetto, i fari a scomparsa non sono opacizzati e persino la targa originale BS non sa cosa significhi avere un incontro ravvicinato con un sassolino della strada. Questo però è solo ciò che si nota con una rapida occhiata, perché indagando più a fondo questa 348 si rivela una vera e propria macchina del tempo.
Il vano motore conserva ancora gli adesivi attestanti manutenzione generale e originalità della vernice, i finestrini hanno stampati i numeri seriali originali, la moquette degli interni sembra fresca di reparto tappezzeria e nel baule anteriore abbiamo la bellissima valigetta in pelle che contiene cinghie, pinze, chiavi inglesi e lampadine di ricambio tutte rigorosamente marchiate Ferrari. Il dettaglio di maggior impatto però – e che fa capire quanto sia coccolata quest’auto – è quel bollino di carta blu sui cerchi a stella da 17’’ che veniva applicato sulle vetture in pronta consegna, ed è impressionante il fatto che dopo trent’anni sia ancora lì. La storia personale dell’auto (poi giuro che passiamo alla guida) non è meno interessante, soprattutto perché finisce con un bel lieto fine. Nel 1989 un carissimo amico della famiglia dell’attuale proprietario – Alberto – riuscì ad accaparrarsi una delle prime 348 mai prodotte, e in breve anche suo padre venne contagiato dal fascino emanato dalla rossa ordinandone una a sua volta. Sfortunatamente per lui però la lista di attesa si era allungata così tanto che dopo quattro anni non vi era ancora traccia della Ferrari, perciò la casa di Maranello gli propose di rinunciare alla 348 in favore di uno dei primi esemplari della futura 355. Significava attendere un altro anno, sborsare più soldi e ottenere alla fine una macchina che non aveva ordinato, così il sogno sfumò. Oltre undici anni dopo il vecchio amico di famiglia decise di acquistare la nuovissima F430 a scapito della 348, senza però dimenticare quanto l’amico avesse desiderato possederla… detto fatto: il padre di Alberto si ritrovò proprietario di una splendida berlinetta V8 del 1989, proprio come aveva voluto e in condizioni sublimi.
Esattamente quella stessa berlinetta V8 del 1989 ora è ferma davanti a me nel cortile del Museo Mille Miglia di Brescia con nuvolette di condensa dagli scarichi e un borbottio seducente che sembra implorarmi di guidarla. D’accordo, d’accordo, in realtà sono io che non vedo l’ora di avvolgere le mie mani intorno a quel sottile volante a tre razze per scoprire le emozioni che sa regalare la 348 TB e se la spiacevole fama che la accompagna sia meritata o meno. Per quanto pittoresco, il Museo Mille Miglia è circondato da rotonde e stradine del centro storico che non sono il percorso ideale per provocare il V8 montato in posizione centrale, così ci spostiamo alle pendici del Monte Maddalena, un colle proprio al centro della città. La parte interessante è il nastro d’asfalto che si snoda fino alla cima: undici chilometri fra tornanti, rettilinei infiniti, curve cieche e contropendenze piuttosto impegnative, un ottimo terreno di prova per la 348. Terminate le foto dinamiche finalmente posso premere il bottone che vi fa accedere all’abitacolo della rossa, calandomi fino al lontano sedile in pelle e ritrovandomi davanti ai quadranti Veglia tipicamente anni ’80 con cifre stampate in arancio brillante. L’abitacolo in realtà non è male: certo, la qualità della console centrale non vi terrà svegli la notte ma i sedili sono comodi e contenitivi, in particolare lungo i fianchi, la moquette rossa è molto bella da vedere e la posizione di guida – nonostante i pedali leggermente disassati alla vostra destra – è perfetta. Poi infilate la prima verso il basso in quella meravigliosa griglia a gabbia aperta, sollevate la frizione e capite immediatamente che la 348 TB ha bisogno di muscoli e precisione per essere guidata a dovere. Lo sterzo (specialmente in manovra, ma non credete che migliori in movimento) privo di assistenza è trasparente ma dannatamente duro e vi ci vorrà un po’ per abituarsi, e lo stesso vale per i freni e il cambio, che merita un discorso a parte.
Oltre ad essere un dettaglio squisito la leva lunga, sottile e leggermente curva come l’archetto di un violino pretende abilità: finché l’olio non è in temperatura la trasmissione gradisce le doppiette in scalata e inserimenti decisi ma non forzati, ma in breve diventerà tutto più fluido facendovi apprezzare lo schema ad H inverso. In questo modo infatti – molto comodo in un percorso simile dove userete quasi esclusivamente queste due marce – il passaggio dalla terza alla seconda e viceversa avviene in linea retta (come fra la terza e la quarta in un cambio normale) permettendovi cambiate rapide e entusiasmanti, grazie anche all’acceleratore incernierato al pavimento perfetto per il punta tacco. Perdonate la banalità del paragone ma, a proposito di violini, uno dei lati più incantevoli di quella leva ad arco è il fatto che vi permetta di accedere a tutte le differenti e stupende tonalità dello strumento montato dietro le vostre spalle. L’esemplare che sto guidando monta peraltro lo scarico opzionale Ferrari in acciaio inox, e quando il vostro piede destro affonda e i giri salgono il sound che vi giunge alle orecchie è incredibilmente seducente e rabbioso, per poi diventare letteralmente intossicante superati i 5200/5300 giri; quel V8 non ci metterà molto a conquistarvi. Ma è veloce? Il 3.4 litri aspirato eroga 300 cavalli e 324 Nm di coppia, dati quasi comuni ai giorni nostri, e manca della foga tipica di un turbo ma vi prego, non date credito alla storiella raccontata da Montezemolo secondo la quale una Golf GTI Mk2 l’abbia battuto ad un semaforo. La 348 TB non potrà competere con le sportive moderne, ma è tutto tranne che lenta con uno 0-100 coperto in 5,6 secondi e una velocità massima di oltre 275 km/h, valori decisamente superiori a una compatta tedesca, a meno che uno dimentichi che la prima è in basso… . Detto questo, l’erogazione è splendidamente lineare e la spinta dei 300 cavalli è più che sufficiente per consentirvi di tenere un ottimo passo lungo questo percorso.
Non bisogna però dimenticare che la 348 è un’auto davvero impegnativa, mai da sottovalutare: i freni a disco sono dotati di Abs ma così duri da mascherare la loro sensibilità non ispirandovi troppa fiducia, mentre il telaio non aiuta a nascondere il peso del motore centrale, ben felice di scambiarsi di posto con voi al primo errore. Uscendo in maniera aggressiva dai tornanti infatti il posteriore tende facilmente (e bruscamente) ad allargare e con uno sterzo così duro le correzioni devono essere immediate; è una guida emozionante ma non potete prendervi il lusso di dare troppa confidenza alla berlinetta. Le sospensioni sono piuttosto rigide e faticano a causa dell’asfalto pessimo della Maddalena, ma il rollio è davvero contenuto e una volta che entrate in sintonia con la 348 riuscite persino a divertirvi. Riflettendoci, cosa c’è di così sbagliato in questa affascinante Ferrari? Non molto in realtà. Il telaio non brilla per precisione o coerenza, è nervoso al limite e faticherebbe a gestire più di 300 cavalli, ma ho capito che molta gente utilizza l’aggettivo ‘pessima’ confondendosi con ‘impegnativa’. La 348 TB è un’auto difficile da guidare, ma non avara di emozioni: il cambio laborioso sa regalarvi grandi soddisfazioni, lo sterzo pesante è chiaro come pochi e il sound del V8 è persino poetico a certi regimi; unite queste caratteristiche a una linea semplice ma spettacolare e capirete come mai decine fra ciclisti e passanti urlassero apprezzamenti e incitamenti mentre li sorpassavo lungo il tragitto. Le correzioni effettuate nel ’93 non avevano migliorato i pregiudizi verso la 348 TB, ma con questo omaggio per i trent’anni ci auguriamo che molti da oggi in poi guarderanno con occhi diversi quella che in realtà è una bellissima, emozionante e vera Ferrari.
Un grande ringraziamento ad Alberto per la sua splendida 348 TB
Lavoro pubblicato sul numero di Aprile ’19 di Automobilismo d’Epoca
di Tommaso Ferrari