POESIA SU RUOTE
Il problema di guidare un’E-Type? Non potete vederla da fuori
Ci sono persone che hanno dato un contributo all’umanità talmente grande che vorrei dedicargli una statua o infortunargli la mano a furia di ringraziarli; l’inventore del tiramisù o della pizza ad esempio, il papà di Melanie Iglesias o chi ha tracciato i sentieri dell’Alpe di Gera e dello Sciliar giusto per citarne alcuni. Chi ha concepito il motore a scoppio e il Wankel, chi ha ideato il primo circuito o le prime macchine fotografiche, così come l’ideatore di Airbnb. E poi c’è Malcolm Sayer. Con solo un po’ di cellulosa, un pezzo di grafite, qualche calcolo matematico e un dito medio alla galleria del vento quel geniale designer inglese ha creato un’auto talmente incantevole, seducente e affascinante che definirla solamente ‘bellissima’ sarebbe un crimine. La Jaguar E-Type S1 è una pietra miliare del design, un concerto di curve così incredibili che da qualche anno il MOMA di New York ne ha piazzata una nelle sue sale annoverandola tra le opere d’arte. Molti appassionati la considerano l’auto più bella della storia, e persino Enzo Ferrari (!) dichiarò la stessa cosa nonostante la sua posizione… dico, guardatela: il profilo è mozzafiato, con quel cofano chilometrico che integra i parafanghi, la morbida ma muscolosa curva del passaruota posteriore, l’abitacolo a goccia, le cromature, i doppi scarichi a vista e l’assetto così acquattato… di una E-Type non cambierei una virgola, è talmente perfetta che sembra che Sayer abbia avuto una qualche sorta di illuminazione mistica per creare un tale capolavoro.
Il bello è che la GT del giaguaro non aveva solo un design da infarto facile, ma era piuttosto all’avanguardia per l’epoca evolvendo parzialmente dalla D-Type: il telaio non è più a longheroni bensì una monoscocca con telaietto anteriore, le sospensioni sono indipendenti con doppi quadrilateri e i freni sono a disco su tutte e quattro le ruote. Il motore è altrettanto sorprendente, un sei cilindri in linea serie XK da 3.8 litri che vanta un sound celestiale e 265 cavalli, il doppio di una 356 Carrera 2 e più di un’Aston DB4 o una Ferrari 250 GT Berlinetta, tanto che la E-Type con i suoi 241 km/h di punta fu per un breve periodo la sportiva più veloce al mondo. Dopo un’eroica guida in notturna del pilota e PR Jaguar (Bob Berry) la prima E-Type raggiunge Ginevra il 15 Marzo 1961, giusto in tempo per sconvolgere tutti i presenti al noto Salone. La presentazione non avrebbe potuto riscuotere più successo: il pubblico resta basito dalla bellezza della XK-E, dalle sue performance e dai suoi dettagli; insomma, la adora, e la adora ancora di più dopo aver saputo il prezzo. La S1 infatti ha un prezzo di mercato di 2.196 sterline, praticamente la metà di Ferrari, Aston, Lancia e Maserati, in alcuni casi persino meno; è come se al giorno d’oggi un’Alpine A110 fosse in listino a 28.000 euro e una Giulia Quadrifoglio Verde a 43.000. Sarebbe interessante vero? Lo trovò interessante anche il pubblico di Ginevra, così la casa del giaguaro vendette vagonate di E-Type a clienti più o meno celebri consacrando la XK-E alla storia. Era ufficialmente nata un’icona.
Per quanto mi riguarda la E-Type ha sempre avuto un significato particolare perché fu una di quelle auto che da piccolo mi stregarono tanto da farmi immediatamente appassionare al mondo dei motori, e il me di quattro anni – mentre ne fissava una sul lungolago di Iseo – si era ripromesso un giorno di doverne assolutamente guidare una… magari quando avrebbe avuto la patente e fosse arrivato ai pedali. Il me di 28 anni che adesso ha la patente e arriva ai pedali sta fissando con gli stessi occhi sgranati questa E-Type 3.8 S1 del 1962, affascinante in maniera folle e verniciata in British Racing Green, un colore che vuole omaggiare la D-Type originale e che casualmente adoro. La bassa bresciana purtroppo non è scenografica come le Alpi o il Lago di Garda, ma per questa opera d’arte non è necessario, basta lei a rendere tutto più emozionante. Oltre alla linea anche i dettagli sono di una squisitezza rara: l’apertura laterale del baule (sorprendentemente ampio), il cofano che si ribalta in avanti, la sacca ancora originale con le chiavi inglesi e il martello della Thor Company, i cerchi a raggi, quei meravigliosi scarichi e così via, fino a perdervi nella testata del motore e nei nostalgici quadranti. Stavo per cercare una seggiolina per mettermi comodo ad ammirare tutto il pomeriggio quelle linee inconcepibilmente belle ma poi, quasi dimenticavo, mi son ricordato che avrei dovuto anche provarla. Sto per rendere orgoglioso il me di quattro anni. Oltrepasso il larghissimo battitacco e mi calo sui sedili a guscio molto sportivi per trovarmi sdraiato in un abitacolo piuttosto intimo a dispetto delle dimensioni esterne. Per essere una GT due posti di quattro metri e mezzo l’interno è quasi stretto, ma bisogna ricordare che quelle linee sono composte dal 90% da cofano e posteriore, lasciando giusto lo spazio a sufficienza per un paio di persone. Sinceramente i sedili potrebbero essere fatti di chiodi, con un’estetica così sexy non mi importerebbe.
Premesso ciò il cruscotto è magnifico con tutti gli strumenti che vi servono incassati in una lamina di alluminio, diverse levette che rimandano alle corse, un elegante volante sportivo Momo – montato successivamente – e un contagiri tanto semplice quanto bello. Non perdo tempo ad allacciarmi la cintura visto che ovviamente non c’è e premo il pulsante d’avviamento facendo risvegliare il sei in linea con un delicato e morbido sound. Ci sono un paio di scogli da superare su questa E-Type: la pedaliera e il cambio. L’acceleratore inizialmente è così duro che vi sembra di premere direttamente il pianale, ma un attimo dopo – quando scoprite che anche la frizione non è facile da modulare – ecco che comincia a smuoversi per far lavorare i tre carburatori SU davanti a voi. L’altra questione è il cambio, il noto quattro marce Moss che equipaggia i modelli ante ’64 dove la prima non è sincronizzata e le altre tre marce in teoria sì, solo che nessuno glielo ha spiegato e han deciso che anche loro preferiscono essere coccolate con doppiette a salire e a scalare per un innesto corretto. Le cambiate sono secche, piuttosto dure e ravvicinate, con uno schema simile ad una H lunga e stretta. Quella della E-Type è una trasmissione che va padroneggiata per gradi, prendendosi tempo per conoscerla e assecondarla, avendo tatto in salita e eseguendo in scalata un punta-tacco preciso per una cambiata perfetta… anche se prima dovrete convincere il vostro tacco ad impegnarsi parecchio per smuovere l’acceleratore. In realtà il 3.8 litri ha talmente tanta coppia che non serve cambiare spesso, in questo modo però si perde buona parte del sensuale sound del sei in linea, un cupo e graffiante urlo che vi fa innamorare ancora più rapidamente. Per rispetto verso i 58 anni della Jaguar – e perché da tempo non veniva mossa – non sono mai andato oltre i 4.000/4.300 giri, ma la spinta è corposa nonostante il peso sembri leggermente maggiore dei 1.234 chili a secco dichiarati.
Quello che però mi ha sorpreso è l’anima ‘sportiva’ della E-Type: d’accordo, le dimensioni – soprattutto del cofano – non sono immediatamente intuibili e le gomme hanno qualcosa come 15 anni, eppure non mi aspettavo fosse così piacevole in curva. Avvertite un po’ di jet-lag ora che anche voi arrivate al punto dove si trovava ore prima il muso, ma scherzi a parte l’inserimento in curva è preciso e il piccolo Momo vi trasmette una gran quantità di informazioni attraverso la sua sottile corona. Le vecchie Michelin sfoggiano una tenuta più che buona senza cedere molto di spalla e senza far ondeggiare la scocca, che rimane composta e segue fedelmente la direzione impostata dai vostri avambracci; fate i conti con il peso della cremagliera, gli ingombri della splendida Jaguar, addomesticate il cambio e la E si farà valere tirando fuori uno spirito da GT sportiva che non disdegna divertirsi. Non ha certo l’agilità di una 356 o una 911 viste le dimensioni ma ha anche un comportamento più preciso e prevedibile, come più maturo, riuscendovi ugualmente a coinvolgere. Bisognerebbe avere in mano la E-Type per parecchio tempo e su un percorso adeguato al suo allungo e al suo stile per godersela sul serio e tirarne fuori il massimo, ad esempio sul Passo del Bernina, dove la strada ampia, veloce e l’ottima visibilità renderebbero giustizia al carattere sportivo che le ha donato la casa inglese. C’è solo da vedere se il vostro cuore riuscirebbe a reggere un paesaggio così suggestivo unito ad una carrozzeria e ad un sound simili… nel dubbio, meglio correre il rischio e alla peggio morire felici.
Intanto che faccio questi vagheggiamenti mi sono abituato ai freni, simili a quelli della 75 provata di recente: per buona parte della corsa credete di schiacciare una spugna da doccia – e con gli stessi risultati in frenata – poi piano piano iniziate a rallentare e riprendete colorito; sicuramente in origine erano molto più efficaci e sarà solo l’impianto da rivedere. Nell’ottobre 1964 il motore aumenta di cilindrata fino a 4.2 litri guadagnando coppia seppur mantenendo invariata la potenza e rimpiazzando il cambio Moss con un quattro marce interamente sincronizzato decisamente meno impegnativo da manovrare. Un pregio che la brochure Jaguar non vi dice riguardo al cambio è il ‘riscaldamento a pavimento’, un piacevole tepore che arriva dalla trasmissione calda e che si diffonde in tutto l’abitacolo; in inverno deve essere fantastico. Mentre torno al punto di partenza un po’ maledico la bassa bresciana per le sue strade tracciate coi regoli e un po’ cerco di godermi ogni sensazione di questo incanto, coronate dal tramonto che per qualche minuto si riflette nell’infinito cofano mentre il sei cilindri lì sotto mi regala per l’ultima volta una sinfonia inconfondibile. La E-Type non ha deluso né me né la mia versione di quattro anni: la linea della S1 – non smetterò mai di ripeterlo – è così meravigliosa da farvi quasi male e per quanto le credenziali sportive di questa Jaguar pendano più dal lato GT sono felice delle sue qualità di guida, davvero buone, specialmente come assetto e tenuta di strada. Con una bella messa a punto e un cambio più amichevole (magari facendo un colpo di telefono alla Eagle) la E-Type farebbe faville, regalandovi un piacere di guida persino all’altezza del suo aspetto.
Un grazie a Beppe e Nicola per la loro stupenda E-Type
di Tommaso Ferrari