LAVORO SPORCO

Mi sono messo al volante di una Opel Gr.2 da rally con un interessante passato storico, preparata in origine da Conrero e successivamente restaurata da Carenini. Tanto impegnativa da domare quanto appagante.

Qualche settimana fa avevo deciso di fare un viaggio in Austria con la boa gialla (una vecchia Ducati Supersport), giusto per rilassarmi e ricaricare le batterie immergendomi nella natura. L’idea era superare il confine austriaco attraverso un paio di passi montani, salire su un ghiacciaio, ridiscendere, e tornare in Italia scavallando dalla Svizzera. Un piano fantastico, avventuroso, che mi elettrizzava parecchio; peccato che la pompa della benzina non fosse dello stesso avviso. Al confine con l’Austria ha cominciato a dare problemi, costringendomi a tornare indietro cancellando metà giro. Bene, se fossi stato con una Ascona 1.9 SR Gr.2 tutto ciò non sarebbe successo. Semplicemente perché questa appariscente tre volumi è un’auto da rally, e in quanto tale deve essere sì veloce e cattiva, ma anche affidabile e sicura.

Di conseguenza le pompe di benzina montate sono due: se una decide di abbandonarvi, stufa della propria vita, potete accendere l’altra e fare finta di nulla, o perlomeno terminare la vostra prova e riparare il tutto a tempo debito. Mica stupida come idea. La mia di prova non ha fortunatamente avuto imprevisti, e la robusta tedesca ha funzionato egregiamente senza alcun intoppo meccanico o elettrico. Non che la cosa mi abbia stupito: questa specifica Ascona – che probabilmente ricorderete dal Salone di Padova dello scorso anno – fu preparata ufficialmente dal celebre Conrero, restaurata in seguito da Carenini ed ora riposa presso la Noci Motor Classic. Tre nomi che nel settore non necessitano di presentazioni, specialmente Noci, un’impeccabile officina nel cremonese che avevo trattato pochi anni fa su queste ‘pagine’. Quando il titolare mi ha proposto una Ascona ufficiale Conrero è stato facile accettare, tentato dalla curiosità e dal fascino di un’auto che, per quanto nota nel mondo del Motorsport, non è seguita e conosciuta quanto Porsche, Ferrari, Alfa e meraviglie varie. Inoltre parliamo di un Gr.2, non esattamente un agnellino.

Mentre il regolamento Gr.1 – tremendamente vincolante – è l’equivalente di un paio di manette dietro la schiena il Gr.2 è incredibilmente più permissivo. Le modifiche, salvo rari cavilli, godono di piena libertà per quanto riguarda testa, albero a camme, carburatori, scarico, pistoni, lubrificazione, rapportatura, differenziale, impianto elettrico… persino la cilindrata può essere incrementata entro certi limiti. Mettete insieme questo tetris meccanico ed ecco che la nostra Ascona A Gr.2 sviluppa 175 cavalli contro i miseri 90 di serie, una potenza sufficiente a preoccupare voi e il vostro navigatore mentre siete lanciati in quarta piena in mezzo ad una pineta. Contando gli 885 chili di peso e il bilanciamento da furetto non sorprende che la scattante tedesca si sia aggiudicata il Campionato Europeo Rally del 1974 con Walter Rohrl al volante.

La Ascona di Noci non vanta tale palmares, ma ha partecipato – ed è sopravvissuta – a svariati rally, dalla Sicilia a S. Martino di Castrozza, fino al rally di Montecarlo e del Marocco validi per il mondiale. E poi resta pur sempre una vettura da corsa, la fantasia di ogni bambino cresciuto a pane e motori, già solo per i fari aggiuntivi e gli scarichi liberi. Arrivo a Robecco d’Oglio con largo anticipo e scambiata qualche parola con Pietro (Noci) vengo condotto nel capannone dove riposa la squadrata tre volumi. Mi ci vuole un attimo – non me ne voglia la Opel – per focalizzarmi sulla Ascona. Attraversando l’officina di Noci intravedo una Ferrari 250 TR, una Porsche 906, una 225, una Celica Gr.A, una GT Junior Blu Francia… e numerose altre classiche difficilmente visibili nel mondo ‘reale’. Oltrepasso l’uscita ancora sognante, prendo una boccata d’aria, ed eccola lì: tozza, squadrata, grezza e insospettabilmente affascinante. Non avevo nemmeno visto in foto la Ascona, ma la preoccupazione che il look non risultasse all’altezza delle aspettative si dilegua in fretta. Le necessarie modifiche per adeguarla alle competizioni hanno elevato la Ascona da tre volumi per famiglie a ‘sogno di ogni petrolhead’.

Il cofano nero a contrasto con la carrozzeria rossa, i fari supplementari della Carello, la piastra di protezione della coppa, i paraspruzzi, il rollbar, gli adesivi delle gare passate, i ganci per accedere al motore… una cascata di dettagli per suggerirvi di non sottovalutare questa vecchia berlina. Gli interni sono ancor più rivelatori. Prima di tutto perché per accedervi dovete scavalcare un ingombrante rollbar, e secondo, perché il vostro sguardo cade subito sull’interfono posto tra i sedili e sulla strumentazione apposita montata sul cruscotto. Inequivocabile anche la rete porta caschi posizionata dietro gli schienali, uno dei miei tocchi racing preferiti. I sedili contenitivi hanno una seduta ed un’imbottitura morbidissime, quasi come il classico sofà della nonna, probabilmente perché la Ascona vuole addolcirmi psicologicamente prima di maltrattarmi. La posizione di guida – comunque legata alla versione di produzione – è stranamente alta e dritta, ci vuole del tempo per abituarsi, e lo sterzo avrebbe potuto essere esteticamente più corsaiolo nonostante i fori sulle razze.

Premo l’anonimo pulsante al centro della plancia e ‘stonk!’, lo staccabatteria dona corrente all’Ascona con un sonoro schiocco. Giro la chiave nel quadro e in poco l’1.9 litri a otto valvole si risveglia, avvertendo della cosa ogni singolo paesino nel raggio di tre chilometri; è fragoroso, nulla da dire. La frizione è un macigno come per tutte le auto da corsa, anche se passata la resistenza iniziale diventa più modulabile e ‘facile’ da gestire. La stessa cosa vale per l’acceleratore: reattivo come una vespa arrabbiata, a patto che applichiate parecchia pressione per smuovere quel nudo pedale d’acciaio. Non siamo in cima al Passo del Gavia – dobbiamo accontentarci della campagna cremonese – eppure qualche location accettabile l’abbiamo trovata, ed è lì che mi dirigo con tutta calma mentre faccio conoscenza con la Opel. Il cambio a quattro marce è davvero buono, a dispetto della corsa lunga le cambiate sono schiette e precise, con solamente un lieve contrasto tra un innesto e l’altro. Mi ricorda vagamente – anche come posizione e impugnatura – la trasmissione della Giulia 1.3 GTA, e se non è un complimento questo… .

La rapportatura molto corta aiuta a prendere giri velocemente, non che la Ascona abbia bisogno di incoraggiamento una volta calda. Il motore infatti deve sforzarsi blandamente, si porta appresso solo 885 chili e di certo la foga non gli manca. Già sotto i 3.000 giri la spinta è più che adatta, si avverte un calo di coppia intorno ai 4.000 ma poi, appena passati i 5.000 giri, i 175 cavalli del motore esplodono, proiettandovi in avanti con una violenza e un entusiasmo che mi lasciano interdetto. Magie di un rapporto Cv/Ton favorevole. Sono in aperta campagna, in una zona dimenticata anche da Google Maps, di conseguenza il traffico è quasi inesistente. Allungo la seconda accompagnato dai tromboncini di aspirazione che ingollano aria (goduria!), butto dentro la terza, consumo quasi tutto il contagiri e piazzo anche la quarta; non so a quanto stia andando – il tachimetro non collabora – ma di certo sufficientemente veloce da non poter fare in pieno la secca curva in lontananza. Mi butto sul pedale centrale… circa mezzo chilometro prima del punto di staccata ideale. E c’è un motivo. Già dopo poche centinaia di metri dalla partenza mi ero reso conto di non avere freni, o meglio, potete sforzare il vostro quadricipite come se steste facendo il massimale della vita alla Leg Press, ma ciò che riceverete in cambio sarà solo un docile, pacato rallentare. In seguito Pietro mi dirà che ‘si, in effetti essendo ferma da tanto il servofreno è scollegato’. Buono a sapersi. Nonostante la frenata apparentemente prematura arrivo giusto giusto in curva per non dover chiedere “l’aiuto del pubblico” come non di rado capita nei rally, rapido punta tacco, butto giù due marce e lancio la Ascona in una lunga serie di chicane. Le AD048 montate aderiscono all’asfalto con tenacia, il problema è lottare con il telaio di questa burbera signora da rally.

A basse velocità la Ascona è giocosa e naturale – come dimostrano svariate uscite dagli incroci completamente di traverso – ma quando le velocità si alzano dovete tenere ogni senso all’erta. L’impedimento maggiore è dato dallo sterzo, che secondo l’allegato J del Gr.2 può essere migliorato mantenendo la cremagliera rigorosamente di serie. Ne risulta un’azione piuttosto goffa, oltre ad essere ingombrante il volante è ben poco diretto, mostrando la stretta parentela con l’impianto standard. In percorrenza bisogna contrastare la sua lentezza e il suo peso, il grip tuttavia è buono e la Ascona pennella senza grossi problemi le sopracitate chicane. Se invece vi spingete al limite uscendo da una curva sul filo del sovrasterzo dovrete faticare ben di più, il telaio si rivela nervosetto e poco clemente richiedendo tutto il vostro impegno. Un’uscita di curva in seconda piena fa allargare vistosamente il retro, e devo essere davvero rapido per ricomporre la Opel nella maniera più ordinata possibile. Più facile a dirsi che a farsi tra le reazioni brusche e lo sterzo poco d’aiuto, soprattutto se nel rimettervi dritti prendete una testata contro il rollbar. Ahia. Certamente la Ascona migliorerebbe tanto con uno sterzo più diretto e sarebbe ancor più a suo agio lungo un percorso sterrato, ma volevo evitare di invadere una fattoria della zona solo per provare il mio punto. A proposito di fattorie, sarò anche in mezzo al nulla ma qualche paesino ogni tanto lo incontro, ed è quasi imbarazzante attraversarne uno con tutti i decibel prodotti dalla Ascona, capace di esibirsi in un concerto di scoppiettii ad ogni doppietta in scalata o rilascio di gas. Inoltre la trasmissione sta iniziando a cuocermi il polpaccio destro, pertanto trovo una vecchia stradina senza uscita e mi fermo a far riposare entrambi mentre fotografo gli ultimi dettagli.

Per ammazzare ulteriormente il tempo sfoglio il faldone che mi sta accompagnando da stamattina, colmo di foto d’epoca che ritraggono la Opel impegnata nei rally più tosti della sua vita, dagli sterrati del Marocco ai muretti del Montecarlo. In apertura spicca una lettera indirizzata all’attuale proprietario, che riporta come la vettura venne preparata secondo le specifiche Gr.2 dallo specialista Virgilio Conrero, autorità nel campo delle Opel veloci. Sono piccole cose che fanno apprezzare ancor di più il passato di una vettura già di suo singolare. Terminata la lezione di storia riavvio il rabbioso quattro cilindri e ricomincio a danzare (o lottare) con la Ascona. Il duro assetto incassa a malapena i colpi ricevuti dal disastroso asfalto della bassa, mentre cerco di estrapolare tutti i 175 cavalli dal motore preparato. Peccato davvero per i freni, che vi costringono a mettere una pausa troppo lunga tra un’emozione e l’altra, un po’ come dover fare ore di fila per ogni breve giro sulle montagne russe.

Ciò non toglie che questa insofferente macchia rossa sia un gran divertimento al volante, feroce ad alti giri e più che coinvolgente anche sotto il suo limite. Resta la seccatura dello sterzo non all’altezza del resto della vettura e dei freni che oggi non potevano offrire solchi nell’asfalto, ma nel complesso la Ascona ha mantenuto fede alle sue credenziali da corsa. Sono praticamente in riserva quando torno alla Noci Motor Classic, segno che le doti della tozza Opel sono state apprezzate fino in fondo. Rimetto la Ascona al suo posto, in mezzo alle stupende classiche di Noci, e resto ancora un po’ a squadrarla, spossato e soddisfatto. Le auto da corsa vi maltrattano, vi fanno sudare, hanno spigoli che non smussereste nemmeno a carteggiarli con la 120, ma se riuscite a entrarci in sintonia sanno regalarvi emozioni che ricorderete per molto molto tempo. Ed è proprio ciò che è successo con la Ascona.

Un ringraziamento alla Noci Motor Classic

                           

                                                                                                                                                                                                                                                                                  di Tommaso Ferrari