MOVIMENTO LENTO

Perché è così che una 356 va guidata, assaporando ogni movimento di mani e piedi per spostare quella sinuosa carrozzeria, anche se sotto sotto potete già percepire le radici dell’eccezionale 911

Girate la chiave di accensione posizionata alla vostra sinistra, premete il pulsante di avviamento che luccica alla vostra destra, mantenete una leggera pressione sull’acceleratore e in breve sentirete uscire dagli scarichi gemelli l’inconfondibile frullio di un quattro cilindri boxer raffreddato ad aria. Le malelingue e i non estimatori della Porsche 356 l’hanno sempre sminuita definendola un elegante Maggiolino viste alcune parti in comune o ispirate ad esso, ma non potrebbe esserci credenza più errata. A parte l’impatto iniziale dovuto al borbottio del flat four che suona già in maniera meno disordinata e più decisa rispetto a un vecchio Beetle, durante la giornata di oggi la 356 si rivelerà una coupé piena di carattere che rappresenta invece la precoce base per una delle più gloriose sportive degli ultimi cinquantasei anni, la Porsche 911. La sua storia peraltro è interessantissima: come sapete il Maggiolino venne progettato nel 1938 da Ferdinand Porsche su ordine di Adolf Hitler per mobilitare il popolo tedesco con automobili dal prezzo accessibile, e fu su questa base (modificando profondamente telaio e sospensioni) che l’anno seguente l’ingegnere decise di costruire una vettura per competere nell’estenuante corsa di 1.500 chilometri che da Berlino arrivava fino a Roma. L’auto in questione si chiamava Type 64, montava lo stesso 1.1 litri flat four che muoveva l’utilitaria tedesca ma portato a 40 cavalli, e grazie al peso ridotto e alla carrozzeria aerodinamica già allora raggiungeva i 160 km/h. La gara venne annullata a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’esemplare di Type 64 fu distrutto, ma Ferry Porsche (figlio di Ferdinand) era riuscito nel frattempo a realizzarne altri due: il primo fu perso in un incidente ma l’altro – sopravvissuto fino ad oggi servì da modello per costruire proprio la 356.

Il primo prototipo ufficiale venne registrato l’8 Giugno del 1948 ed era in realtà una Spider due posti con il flat four montato in posizione posteriore-centrale e elaborato fino a 40 cavalli, ma già dai successivi modelli si optò per la nota configurazione due più due e per il motore posteriore a sbalzo. Dal 1948 al 1950 furono cinquanta le 356 prodotte nella sede di Gmund tutte con carrozzeria in alluminio (poi si passò al più comune acciaio), ma quando la produzione si spostò nella ben più famosa Zuffenhausen le parti condivise con il Maggiolino divennero sempre meno e vennero presi accordi con tre carrozzerie diverse perché vestissero la splendida linea della 356. Questo esemplare è una Porsche 356 Pre-A carrozzata da Reutter che vanta un design molto più semplice e pulito delle versioni successive, e inoltre sfoggia un’affascinante verniciatura nera abbinata a interni in pelle rossa e cielo traforato bianco che la rendono una delle più affascinanti vetture classiche che possiate trovare in circolazione. In foto è bella ma dal vivo colpisce: questa piccola Porsche non vi metterà in soggezione come una Ferrari 250 GTO e non sarà rinomata come una Jaguar E-Type ma nonostante le origini umili non smettereste mai di ammirarne la linea con lo sguardo o di studiarne i dettagli, provare per credere. L’idea nella mente di Ferry Porsche era quella di creare una vettura sportiva dal design unico, caratterizzata da un comfort e una raffinatezza ben più che accettabili, leggera e con sufficienti cavalli per farvi divertire, e dal 1950 in poi – quando la produzione divenne più regolare e significativa – fu proprio quello che ottenne. I primi cinquanta esemplari prodotti nei due anni a Gmund infatti erano ancora ‘grezzi’, anche perché in realtà Ferry Porsche non aveva a disposizione una vera azienda, ma una segheria abbandonata, cosa che non rese certamente facile il lavoro. Tuttavia nel giro di un paio d’anni gli interni e la linea già propri furono affiancati da freni, cambio e motore completamente ideati da Porsche e come dicevamo prima, dal 1953 in poi la 356 non condivise più un bullone con il Maggiolino.

L’elegantissima 356 che abbiamo a disposizione oggi è una versione Pre-A del 1953 ‘body bumper’, definita così a causa dei paraurti anteriore e posteriore non più a filo della carrozzeria ma dotati di respingenti che li distanziano di qualche centimetro dalla lamiera. Inutile dirlo, anche in questo modo la Porsche fa la sua splendida figura: la griglia posteriore singola, le gomme con fascia bianca e borchie cromate che riflettono la campagna circostante e la verniciatura talmente nera da sembrar liquida le donano un fascino ammaliante che rapisce chiunque vi veda passare. Prima di arrivare ad Alessandro (l’attuale possessore), la Porsche restò negli Stati Uniti fino a quando non venne acquistata da un signore di Livorno che la conservò in maniera impeccabile, nonostante il chilometraggio avesse superato 59.000 miglia, più di 95.000 chilometri. Passati dieci anni la 356 si trasferì nella rigogliosa Franciacorta, una zona situata fra Brescia e il Lago d’Iseo famosa per le tante cantine vinicole e i paesaggi che in alcuni punti ricordano persino la Toscana. E’ proprio Iseo il paesino dove incontriamo l’attuale proprietario che ha affidato la 356 ad amici per un matrimonio, così – senza neanche sentirci tanto in colpa – requisiamo l’elegante Porsche agli sposi e ci avviamo alla location scelta per gli scatti. Come dicevo prima la procedura di accensione non è difficile ma bisogna avere pazienza: si ruota la chiave sulla sinistra, si preme l’avviamento e con un colpetto di gas il 1500 cc boxer da 60 cavalli prende vita; togliete il particolare freno a mano (una leva orizzontale posta a sinistra della colonna dello sterzo) e iniziate a prendere confidenza con la guida della 356… anzi, prima di tutto dovete vedere se riuscite a starci dentro.

I sedili hanno un’imbottitura molto spessa e sono comodissimi, ma lo spazio interno è davvero ridotto; chiunque sia alto anche solo un metro e ottanta sfiorerà il cielo con la testa, mentre i due sedili dietro possono essere adatti esclusivamente a bambini piegati a metà o a neonati, anche se sono perfetti per i bagagli di un weekend. L’abitacolo riprende la semplicità e l’eleganza dell’esterno con pannelli porta rossi, cruscotto nero, due quadranti principali – tachimetro e contagiri – e gli indicatori di benzina e temperatura dell’olio; tutto qua. Dove invece non trovate traccia di semplicità è nella guida: non che sia difficile in maniera atroce, al contrario, ma è richiesto un minimo di esperienza e di rispetto per i tempi della 356 visti i suoi 66 anni. Onestamente non mi aspettavo un lato granché sportivo da questa Porsche, ma ammetto di essere rimasto stupito dal comportamento della 356, specialmente per quanto riguarda la trasmissione e le sospensioni. La lunghissima e sottile leva del cambio ha la prima non sincronizzata – quindi scordatevi di inserirla in movimento – e la sua corsa si misura in decine di centimetri ma quello che sembra un dramma di precisione è in realtà un cambio incredibilmente accurato, soprattutto se contestualizzate il tutto nel 1953. Spostate la leva a sinistra, vi allungate per mettere la prima, prendete velocità, folle, colpetto di acceleratore e inserite la seconda, fate lo stesso per la terza e così via fino alla quarta: i primi minuti vi sembrerà di ricercare delle marce a caso ma una volta capita l’escursione della leva scoprirete un cambio brillante e divertente persino in scalata, dove il punta tacco è ben accetto e gli innesti avverranno sempre in minor tempo. L’altro lato notevole di questa 356 sono le sospensioni, decisamente più sofisticate del previsto, perlomeno nel loro funzionamento.

Sarà merito anche del peso ridotto della 356 – intorno agli 850 chili – ma per quanto morbide non si rivelano assolutamente ‘molli’ e riescono perfettamente a controllare i movimenti verticali della scocca con gli ammortizzatori che assorbono senza grandi problemi persino i dossi più antipatici; non sono certo sospensioni sportive ma diciamo che fanno intuire chiaramente l’indirizzo che Ferdinand e Ferry Porsche avrebbero preso in futuro. Ciò che invece ricorda palesemente il 1953 sono i freni. All’inizio pensate quasi non siano stati montati, ma esercitando una notevole pressione la Porsche inizierà timidamente a rallentare, seppur tirando a sinistra. Premendo ancora di più – e stando attenti a non bloccare le ruote – avrete in cambio del vostro impegno una potenza frenante quasi umana, anche se il buon senso consiglia vivamente di fare tutto con largo anticipo, anche perché ovviamente le cinture di sicurezza non esistono. Per quanto riguarda il sottile ma ampio volante, da fermo sembra quasi avere il servosterzo tale è la sua leggerezza ma in movimento più sterzate più diventerà pesante, fino al punto di trovarvi a lottare con un macigno; tuttavia non è troppo impreciso anche se pretende pazienza e premeditazione nello scegliere le traiettorie. A parte le sopracitate accortezze non ci vuole molto tempo per guidare tranquillamente la 356, ma se volete andare alla ricerca delle radici della 911 vi servirà tanto coraggio e una buona dose di sangue freddo.

Il motore da 1.5 litri anche se non è un fulmine riesce a muovere in maniera agevole il peso della piccola Porsche con i suoi 60 cavalli, e soprattutto a farla arrivare ad una curva con velocità sufficiente a preoccuparvi, non perché stiate andando troppo forte ma per il suo strano equilibrio. Invece di andare semplicemente in appoggio sulle gomme esterne il peso del boxer porterà tutta l’auto a oscillare lateralmente come un pendolo, quasi volesse sovrasterzare, per poi tornare immediatamente al suo posto e ricominciare questa strana danza; all’inizio vi impensierite un po’ ma presa la mano giocherete di acceleratore e sterzo per curvare in modo esilarante e più preciso. Questo ci riporta al discorso di prima: la 356 non è un’auto davvero sportiva ma è divertentissima e il suo comportamento in strada vi colpisce piacevolmente, più di quanto vi aspettereste da una vettura del 1953. Il modo migliore però per godere a pieno di questa elegante classica è guidarla senza fretta, magari lungo le sponde di un lago o in mezzo alla campagna, apprezzandone ogni cambiata e il borbottio del rumore in sottofondo. La 356 segue i suoi tempi, non i vostri, e dopo poco sarete ben lieti di assecondarla scoprendo una vettura ben più speciale – per quanto simpatico – di un semplice Maggiolino, e che rappresenta chiaramente quale sarebbe stata in futuro la filosofia Porsche.

Un grande ringraziamento ad Alessandro per la sua elegantissima 356 

di Tommaso Ferrari