TESORO D’ORIENTE

Rara come poche, costosissima, sexy, veloce e tecnicamente sbalorditiva ancora oggi. E’ stato un privilegio poter provare qualcosa di così speciale

Senza nulla togliere a Toyota, ma quando pensate a capolavori di design automobilistico la vostra mente corre immediatamente ad una Jaguar E-Type S1 Coupé, un’Alfa Romeo 33 Stradale, una Ferrari 275 GTB o un’Aston Martin DB4 GT Zagato, di certo non ad un’auto della stessa casa che produce quelle cosette ibride chiamate Yaris e Auris. Eppure nel lontano 1967 Toyota ebbe il talento e le capacità per creare quella che oggi è considerata una delle più stupefacenti, rare e incredibili vetture giapponesi di sempre: signori, ragazzi e fanciulle, ecco a voi la meravigliosa 2000 GT. Questa filante coupé due posti non era solo emozionante da guidare e all’avanguardia per la sua epoca ma simboleggiò il riscatto di Toyota nei confronti dei marchi europei e americani. Dopo la Seconda Guerra Mondiale infatti paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti (usciti vittoriosi dal conflitto a differenza del Giappone) non consideravano la casa del Sol Levante degna di attenzione, tanto da averla soprannominata ‘ToyMotor’, alludendo al fatto che i suoi modelli fossero quasi giocattoli se paragonati alle vere sportive occidentali. Beh, lo scherno non durò molto. All’inizio degli anni ’60 Toyota decise di accettare il progetto di una coupé sportiva presentato da Yamaha – abbandonato da Nissan che l’aveva inizialmente commissionato – utilizzandolo come base per creare un’auto in grado di rivaleggiare con vetture del calibro di Jaguar E-Type e Porsche 911. La 2000 GT fu curata dai migliori tecnici, tester e designer che Toyota potesse schierare, tutti spronati da Shoici Saito – il responsabile del progetto – che fornì una sola grande indicazione: “Fate qualunque cosa sia necessaria non solo per produrre la Toyota 2000 GT, ma per renderla una delle migliori auto al mondo, se non la migliore”.

Inutile dirlo, ce la fecero sul serio. Nel 1965 il Tokyo Motor Show ospitò il debutto di una sportiva due posti a motore anteriore e trazione posteriore, con una linea mozzafiato, proporzioni squisite, notevoli prestazioni e soluzioni tecniche davvero rare per l’epoca. La 2000 GT zittì gli occidentali sfoggiando già nel 1967 – anno di inizio della produzione – sospensioni indipendenti, freni a disco su tutte e quattro le ruote, differenziale autobloccante, carrozzeria in alluminio, cerchi in magnesio, motore sviluppato insieme a Yamaha e molto, molto altro ancora. Bisogna ammettere che il design si ispirava in maniera significativa alle sportive europee: il cofano lungo e l’abitacolo arretrato così come il posteriore a goccia rimandavano indubbiamente alla E-Type Coupé, ma si poteva cogliere anche qualche proporzione delle berlinette Ferrari; tuttavia la maggior parte del lavoro fu del designer Satoru Nozaki che compì un miracolo se considerate che nello stesso anno la casa giapponese produceva le non certo aggraziate Celica e Land Cruiser. Il telaio invece si componeva di una struttura a forma di X (con il centro particolarmente spostato verso il retro) molto simile a quella della Lotus Elan, con il motore fra le ‘forche’ anteriori della X, il differenziale fra quelle posteriori e il guidatore accomodato nell’incavo laterale accanto al voluminoso tunnel della trasmissione; ecco perché la 2000 GT risultava alta solamente 116 centimetri e perché sbattessi la testa ogni volta che salivo e scendevo da quel gioiello giapponese. Un baricentro e una linea così bassa hanno permesso alla 2000 GT di avere un design dannatamente sexy: le morbide curve della fiancata, la luce dei passaruota inesistente, l’abitacolo così arretrato e decine di dettagli – dagli specchietti così avanzati ai fari a scomparsa – la rendono così incantevole che le fotografie non riescono minimamente a renderle giustizia.

Toyota tuttavia non voleva che la sua due posti fosse ricordata solamente per il bel faccino, così nel 1966 cinque piloti ufficiali si diedero appuntamento al circuito di Yatabe (un ovale di 5,5 km) e con turni di due ore e mezza ciascuno guidarono per 72 ore filate la 2000 GT – potenziata da carburatori Weber anziché Solex – alla media di oltre 205 km/h, stabilendo tre record mondiali e dieci internazionali. Se aggiungete che nei test dell’epoca la coupé giapponese fu dichiarata più sportiva e coinvolgente da guidare rispetto alla Jaguar E-Type e alla Corvette C3 capirete come mai Inglesi e Americani non fossero entusiasti dei traguardi raggiunti dalla ‘ToyMotor’. L’unico difetto della bellissima Toyota era il prezzo: la 2000 GT costava 6.611 dollari, persino più di una Porsche 911; ecco perché la casa giapponese riuscì a produrne solamente 351 (di cui solamente 72 con guida a sinistra, come quella che stiamo guidando) ed ecco perché qualche anno fa un esemplare fu battuto all’asta per oltre un milione di euro. Ma ora torniamo alla mia testa che sbatte contro il bassissimo tetto della 2000 GT. Una volta entrati sarete accolti da un abitacolo minuscolo ma comodissimo e curato, con sedili in pelle e cruscotto in radica, tutti gli strumenti orientati verso di voi ed una posizione di guida – non esagero – quasi da supercar, con il corpo semi sdraiato e così vicino a terra da poter toccare il terreno allungando il braccio. A voler essere pignoli il volante avrebbe potuto essere più sportivo e di diametro ridotto, ma data l’assenza del servosterzo ringrazierete le sue dimensioni generose. Appena girata la chiave d’accensione la 2000 GT si conquista un pezzettino ancora più grande del vostro cuore grazie ad un sound morbido, seducente e caldo come solo un sei cilindri in linea sa fare.

Per la verità questo particolare esemplare è ancora più raro dato che (come si nota dalla targa) vive generalmente in Argentina ed è stato acquistato in America, dove il motore a causa delle leggi antinquinamento veniva portato da Toyota a 2.2 litri anziché 2.0, ma sempre con 150 cavalli e sempre dichiarando la cilindrata originale. Una volta in movimento non impiegherete molto ad innamorarvi della grazia e dell’equilibrio di questa rarissima sportiva, anche se prima dovrete ricevere la personale approvazione della piccola leva del cambio. Quella fine impugnatura di legno infatti ha una corsa ridicolmente corta e una resistenza notevole, ma una volta capito che non dovete essere troppo delicati ma estremamente decisi gli innesti saranno secchi e precisissimi. E’ un cambio che richiede pazienza per capirlo e non è tanto una questione di doppiette in scalata o a salire visto che è sincronizzato, ma proprio di fisicità e consistenza dei leveraggi; mi ricorda addirittura – e di nuovo, non esagero – il cambio di una Porsche 996 GT3 Cup da corsa provata lo scorso anno tanto è ridotta la sua escursione. Appena accettate di non dover trattare il cambio come una trasmissione di cinquant’anni fa inizierete a godervi davvero la 2000 GT e a guidarla come merita, con un sound graffiante e aggressivo appena vi involate verso i 5.000 giri e una linearità di erogazione eccezionale. Il sei in linea elaborato da Yamaha (che per inciso si è anche occupata della costruzione dell’intera vettura) è pastoso e squisitamente progressivo anche sotto i 2.000 giri ma sopra i 4.000 guadagna ancora più grinta e carattere a dispetto dei ‘soli’ 150 cavalli a disposizione, che grazie al peso di poco superiore ai 1.100 chili permettevano un ammirevole 0-100 in 8,6 secondi.

Quello che però i numeri non possono spiegare è il livello di coinvolgimento e il piacere di guida che la 2000 GT sa generare: la reattività del motore aspirato, il baricentro basso e le dimensioni ridotte la rendono una vera sportiva capace di essere infilata in curva quasi (quasi) fosse una Lotus Elise a motore anteriore. La distribuzione dei pesi è pressoché perfetta (49/51) e in percorrenza e in uscita di curva la Toyota sfoggia un bilanciamento impeccabile senza un solo movimento laterale di troppo o perdite di aderenza al posteriore visto che la potenza è esattamente quella che vi serve, non un cavallo in più o in meno. Certo, aggiungendo una cinquantina di cavalli (per un totale di 200, come l’esemplare che stabilì il record a Yatabe) la 2000 GT sarebbe ancora più entusiasmante ma dovreste adottare uno stile di guida meno pulito e questo sarebbe un peccato visto il raffinato carattere dell’auto. L’unica vera pecca è un lieve punto morto del volante durante l’inizio della sterzata che rovina la precisione in ingresso, insieme alla sopracitata pesantezza che mina parte del feeling di guida e fa sembrare la 2000 GT meno agile di quanto sia in realtà. Le sospensioni indipendenti lavorano egregiamente anche aiutate dal peso ridotto, così come i freni a disco che mostrano un buon mordente nonostante la parte iniziale del pedale abbia una corsa un po’ troppo lunga e cedevole. La cosa davvero eccezionale della Toyota 2000 GT è che è talmente ben pensata e costruita a livello tecnico che nel guidarla non tenete istintivamente conto dei suoi cinquantadue anni, ma la valutate come se fosse un’auto di decenni più giovane.

Si sente spesso parlare di questa perla rara come della prima ‘supercar giapponese’ e anche se come titolo può sembrare un po’pretenzioso alla 2000 GT manca solo la potenza delle concorrenti per raggiungere tale definizione, perché per quanto riguarda fascino, stile, posizione di guida, sensazioni al volante e contenuti tecnici l’appellativo è meritatissimo. Possiamo solo immaginare quanto fosse moderna nel 1967, e di certo Toyota riscattò la sua credibilità guadagnandosi anzi una fama ed una reputazione significative. Poche auto odierne possono fregiarsi di un ruolo così importante per il proprio brand, ma per fare un paragone neanche tanto azzardato immaginate la 2000 GT come una Lexus LFA d’epoca: sempre di proprietà Toyota, sempre con un motore sviluppato da Yamaha, costruita in poche centinaia di esemplari e con materiali esotici, costosissima, emozionante, stupefacente e all’avanguardia. La Toyota 2000 GT e il suo valore, nonché la sua bellezza mi hanno lasciato in soggezione ma soprattutto soddisfatto: soddisfatto per non essere dovuto fuggire in Alaska per aver rovinato una vettura da oltre un milione di euro ma in particolare per le emozioni che questa meraviglia meccanica sa regalarvi. Mentre scrivo la 2000 GT è in viaggio nel bel mezzo dell’Atlantico per tornare in Argentina, dove ricomincerà ad affascinare i passanti e a stupire ogni sudamericano che potrà posare lo sguardo su di lei. Beati loro.

Un ringraziamento a Maurizio e Claudio per avermi fatto provare questa rarissima icona

di Tommaso Ferrari