ROAD RACER
Targare una Ferrari 360 Challenge può sembrare solo un capriccio, ma il risultato è qualcosa di ineguagliabile a livello di emozioni e piacere di guida, un oggetto straordinario che non vi farà più dormire la notte
Esistono cose proibite, illegali, desideri che volenti o nolenti non potrete soddisfare rispettando la legge, che vogliate semplicemente dar da mangiare ai cigni al lago o lanciarvi dalla Tour Eiffel armati solo di un paracadute e tanta follia. I desideri però si sa, sono sensazioni forti e difficili da reprimere, ecco perché esisterà sempre chi cercherà di esaudirli a qualunque costo, legali o non legali che siano. Fortunatamente il nostro di desiderio – anche se ammetto sia difficile da credere – non è sfociato nell’illegale: guidare su strada una Ferrari 360 Challenge. Provare su un nastro d’asfalto pubblico la vettura da corsa alla quale la Challenge Stradale si è ispirata è un piacere quasi perverso, sapete che una cosa simile non dovrebbe essere permessa eppure eccovi lì, stretti nelle cinture Sabelt a cinque punti che ricercate la marcia successiva con il paddle del cambio elettroidraulico F1 da corsa mentre il V8 vi sbraita rabbiosamente nella testa; è un’esperienza inebriante. Il gioiello meccanico che mi ha stregato tanto è una Ferrari 360 Challenge del 2000, numero di telaio 119074 ed ex vettura ufficiale di Jan Storm che con essa vinse la Coppa Shell a Spa-Francorchamps nel 2002. In origine la carrozzeria era decorata da una vivida livrea rossa e gialla, molti sponsor e il numero 83, e passò svariati anni a lottare in giro per l’Europa nel campionato Challenge per il team olandese Kroymans.
Dopo tutte queste battaglie però Kroymans – che era anche l’importatore ufficiale Ferrari per l’Olanda – decise di concedere alla 360 il meritato riposo in maniera molto particolare: la verniciò di un affascinante nero e dopo chissà quanti cavilli burocratici riuscì a darle una targa europea. Per targare un’auto da corsa vi aspettereste infinite modifiche fra un miglior angolo di sterzo, trasmissione e frizione più civili, silenziatori e finestrini non in lexan etc. e invece no, eccetto il sedile del passeggero aggiuntivo e le gomme Pirelli PZero Asimettrico l’anima racing di questa 360 è rimasta intoccata. Fantastico. Se non bastassero l’unicità della vettura e il fascino della sua storia a mettervi completamente in soggezione ci penserà la procedura d’accensione: vi calate nei sedili OMP e stringete le cinture Sabelt a cinque punti, mettete ‘Ignition’ su ON e accendete le ventole di raffreddamento (necessarie a vettura ferma), premete il pulsante di avviamento e all’improvviso 40 valvole dietro di voi prendono fuoco ridefinendo il vostro concetto di rumore e cattiveria. Dio, se suona bene questo V8. Al minimo e ad andatura moderata ha un tono di voce elevatissimo ma ancora accettabile, ma quando cedete ai vostri istinti qualunque tentativo di conversazione è brutalmente mandato in fumo dall’urlo del maleducatissimo 3.6 litri dietro le vostre spalle. Questo motore è configurato per erogare circa 415/420 cavalli ma quello che vi impressiona maggiormente è il peso: la Challenge ferma la bilancia a 1.170 chili, ma togliendo i fluidi e svuotando il serbatoio da 100 litri il peso a secco non arriverà a quello di un’Alpine A110.
A dominare la vostra esperienza di guida sarà proprio quest’assenza di inerzia unita al coinvolgimento che solo una vettura da corsa sa offrire: il freno a mano ovviamente non c’è quindi per partire dovete tener premuto il freno con il sinistro e modulare l’acceleratore con una delicatezza estrema, quasi come se lì sotto vi fosse una farfalla in via d’estinzione, a causa del cambio F1 a frizione singola che non sopporta chi lo tratta bruscamente in manovra. Da quel momento in poi spalancherete sempre più la finestra a un mondo fatto di furia, rabbia e emozioni intossicanti, ma capace anche di una trasparenza e di un livello di coinvolgimento incredibili. Nonostante il V8 sia sorprendentemente a suo agio in coda o in città, ha una spinta feroce e sembra quasi scontento quando gli imponete di scendere di giri passando alla marcia successiva, come se volesse far capire con presunzione agli altri automobilisti che non stanno ammirando una ‘banale’ Ferrari stradale. Il cambio che per molti potrebbe rappresentare un difetto mi ha conquistato: è scorbutico, fisico, viscerale, e anche se non raggiungerà minimamente i livelli di velocità dei doppia frizione moderni non ha nemmeno la loro freddezza. Le cambiate migliori e più pulite le ottenete alzando leggermente il piede fra una marcia e l’altra come se fosse un manuale, ma potete benissimo scegliere di affondare il pedale al pavimento per avere dei passaggi di marcia simili a ceffoni verso la linea rossa.
Quello che vi farà davvero girare la testa però saranno le curve, e non per la forza G (le Pirelli Asimmetrico sono ottime, progressive ma con un grip comunque stradale) ma per l’esplosione di emozioni pure che ricevete in cambio del vostro impegno: il volante in Alcantara è cristallino e comunicativo come solo una Elise S1 saprebbe fare, le sospensioni sono rigidissime ma grazie al peso ridicolo della 360 seguono perfettamente l’asfalto senza brusche ripercussioni sul corpo vettura (eccetto il posteriore che cede alle crepe più dure) e i freni Brembo flottanti serie Oro – progettati per le gare di durata – sono fenomenali, sì potenti ma soprattutto modulabili e sensibili come nessun’altra stradale che abbia mai provato; sembra quasi di poter stringere le pinze con le vostre mani. Poi abbiamo il telaio in alluminio: vi aspettereste un carattere nervoso e difficile, e invece riscontrate un comportamento naturalissimo, quasi amichevole, con un rollio inesistente e un posteriore saldo in uscita di curva; anche esagerando avrete un sovrasterzo più immaginario che reale che vi regalerà un’agilità meravigliosa sia prima che dopo il punto di corda. Persino il fatto di avere gomme stradali si rivela un vantaggio per percepire l’asfalto e la leggera deriva in percorrenza, e anche se avrete sempre rispetto e riverenza della 360 Challenge la purezza del suo sterzo, la violenza del motore e del cambio, la sensibilità dei freni e la comunicatività del telaio saranno a livelli così eccezionali che vi verrà voglia di esplorarne i limiti buttandola in curva come se fosse una Megane R.s. o una Clio Williams.
Il servizio fotografico si è svolto prevalentemente in pista ma sotto sotto sapete che è la strada il posto migliore per godervi un tale oggetto del desiderio: non è solo il piacere proibito di guidare fuori dal circuito una Ferrari da corsa, ma è l’insieme di emozioni viscerali che questa 360 sa regalarvi, dalla rabbia e le melodie del V8 fino al senso di connessione che tutta la vettura riesce a trasmettervi; non credo di essermi mai sentito così parte di un’auto. E’ vero che gli interni sono una fornace, che il raggio di sterzata è quello di una Town Car, che il cambio vi picchia come un bullo e che quando ingaggiate la retromarcia la 360 fa lo stesso cicalino di un muletto, ma nessun’altra auto ha invaso i miei sogni come questa.
Lavoro realizzato per Evo Agosto ’19
di Tommaso Ferrari