SCAPPATA DI CASA 

Nata nel 2001 per correre la 24h di Spa e altre meraviglie del Motorsport, questa 911 è riuscita a finire su strada… e cavoli se è una goduria

Sono circa le sei e trenta del mattino quando apro gli occhi, ascolto gli uccellini cinguettare e fantastico su una soleggiata mattinata che renderà questa giornata memorabile, senza un singolo inconveniente e con un meteo perfetto. Poi ho l’ingenua idea di aprire le imposte: ci sono 13 gradi e c’è talmente tanta nebbia che la cima della collina dove vivo pare il castello errante di Howl; ad aggiungere un tocco incoraggiante, diluvia. Non sono certo le condizioni ideali quando dovete fotografare e provare una vettura da corsa trasferita su strada, e per una volta questo non è un modo di dire. Già, perché questa meravigliosa 911 è esattamente ciò che sembra: una 996 GT3 Cup omologata per circolare su strada; sembra un’idea folle, ma è una follia commovente. Convinto il proprietario che la webcam sul Passo del Tonale – nostra meta finale – mostra una delle giornate più belle della storia con arcobaleni e bermuda d’obbligo, mi ritrovo con l’ex possessore della Cup in attesa del carrello che trasporterà questo gioiellino unico in Italia. Dopo due ore di ritardo causa maltempo e difficoltà a caricare la 996 sul carrello data l’altezza da terra ridicola partiamo verso la Valcamonica per vedere che tipo di sensazioni irripetibili può generare un’auto che ha corso persino la 24h di Spa. Ma come ha fatto una vettura simile ad arrivare fino a noi? Costruita nel 2001, questa 996 è stata acquistata dal team da corsa francese Ruffier che con essa ha partecipato al campionato GT nazionale dal 2001 al 2004, anno in cui venne venduta ad un imprenditore italo-francese. Per i dieci anni seguenti il team si è comunque occupato della manutenzione senza badare a spese, mentre il proprietario se la godeva a qualche trackday organizzato dalla casa di Stoccarda.

Nel 2014 la GT3 è acquistata da un tedesco che inizia l’odissea per omologarla e renderla utilizzabile su strada: sedili sportivi approvati che permettono di avere maggior visibilità laterale, lunotto in cristallo anziché plexiglass, freno a mano, clacson, angolo di sterzata più ampio, scarichi ‘silenziati’ e un assetto leggermente più morbido per essere guidabile su strada. Dopo un anno e mezzo di trafile burocratiche la Cup è finalmente targata, così che il proprietario possa godersela nei pressi di casa sua, dove c’è guarda caso un certo circuito chiamato Nurburgring. La storia termina con l’ora ex proprietario Giovanni che la compra per portarla in Italia e godersela occasionalmente, rivendendola dopo un paio d’anni agli attuali e felici proprietari. Già mentre scarichiamo la Cup ogni passante si ferma ad ammirarla, e non a caso: per essere una vettura da gara questa 996 è particolarmente elegante e davvero poco pacchiana. L’assenza di una livrea ufficiale fa risaltare le curve sinuose della Porsche che contrastano con l’enorme e aggressivo alettone posteriore, mentre le dimensioni sono veramente contenute e donano immediatamente un senso di agilità. Soffermando lo sguardo si iniziano a notare i finestrini fissi con solamente una parte scorrevole per il guidatore, i fantastici cerchi BBS monodado, le cinture da corsa, il rollbar ed anche i ganci rapidi per chiudere cofano anteriore e posteriore. Dopo diverse foto arriviamo all’albergo-ristorante dove mangeremo (troppo e molto bene), situato proprio prima dell’imbocco del Passo del Gavia. Sfortunatamente non vi andremo a causa dell’asfalto troppo rovinato, ma ciò non vuol dire che le strade circostanti siano brutte, così mi approprio del sedile del passeggero per avere un primo assaggio della 996 GT3 Cup. Dopo essermi accomodato e aver litigato con l’estintore scopro che il sound che da fuori era aggressivo, melodico, ma non sguaiato da dentro è invece furioso, e insieme al rumore degli innesti e all’abitacolo svuotato ogni tentativo di conversazione viene annullato.

Il motore inizia a scaldarsi velocemente rendendo l’abitacolo rovente, così come la guida di Giovanni, e rimango rapidamente impressionato dal passo che questa vettura riesce a mantenere su una strada di montagna; temevo non si trovasse davvero a suo agio su una strada pubblica – con buche, dossi e crepe – ma tutto è così coeso e preciso da cancellarmi immediatamente ogni dubbio. La frizione e il cambio sembrano impegnativi anche solo a guardarli, ma la rapidità nei cambi di direzione, la foga e l’assenza d’inerzia del motore insieme all’equilibro dell’assetto mi lasciano veramente colpito. Anche uscendo in seconda marcia da un tornante stretto la Cup riesce a scaricare a terra tutti i cavalli senza accenni di sovrasterzo, grazie alla splendida linearità del motore e un differenziale autobloccante molto aggressivo ma impeccabile. Con il giusto ritmo non impieghiamo molto a raggiungere il ristorante, e dopo il lauto pranzo terminiamo le fotografie verso Ponte di Legno e… finalmente arriva il mio turno. Sfortunatamente non sono riuscito a provare la Cup sul tratto di strada che più mi aveva entusiasmato durante la giornata a causa di problemi di tempistica e di, ehm, polizia; sarà pure targata ma questa GT3 è piuttosto appariscente e non volevamo trovarci a spiegare ad una delle numerose pattuglie che circolavano come mai un ragazzo stravolto dal caldo (che non riesce a superare elegantemente un roll bar) stia guidando una vettura che pare fuggita da una 24h. Nonostante ciò, scoprirò presto di aver ben poco di cui lamentarmi. Un po’ titubante e con lo sguardo allarmato dell’attuale proprietario alle spalle mi avvio verso la silhouette della Cup, che l’ex proprietario ha lasciato parcheggiata leggermente in salita, giusto perché è un’auto con cui è semplice partire. Grazie Giovanni. Già dai primi istanti però è impossibile non innamorarsi di lei: aprite la leggerissima portiera, scavalcate con fatica la gabbia di sicurezza e dopo aver allacciato le cinture a quattro punti fissate al mozzo quel provocante volante Porsche sganciabile. Vi ha già conquistato, e lo sapete. Poi, la sensazione di essere all’interno di qualcosa di unico migliora ancora quando girate la chiave d’accensione, ovviamente alla vostra sinistra. Come prima, il sound tagliente all’interno dell’abitacolo vi sovrasta i sensi, insieme ai fischi del cambio; sarà pure più civile, ma a me non sembra proprio.

Premo la durissima frizione in rame, ingrano la prima, e grazie al cielo riesco a partire senza spegnere il motore. L’acceleratore è immediato nelle reazioni ma piuttosto pesante, così come la frizione, e mano a mano che la si rilascia bisogna essere sempre più decisi con il pedale destro, ma ormai sto già attraversando il centro del paese alla ricerca di una strada più aperta. Il cambio con schema a H e innesti frontali è precisissimo ma ostico: molto secco e fisico nelle cambiate, dà però un senso di connessione totale e grazie alla corsa cortissima e alla meccanicità degli innesti è un piacere da usare. E poi il motore. Questo flat six Mezger da 3.6 litri sviluppa circa 400 cavalli e 380 Nm di coppia, che devono muovere meno di 1.100 chili. La colonna sonora è pulita, limpida, e quando premete a fondo l’acceleratore non vi sono tempi morti: anche sotto i 4000 giri la coppia è ottima per un motore da corsa, ma sopra quella cifra l’inerzia non esiste e i giri salgono al pari del vostro stupore, con una linearità e una costanza strabilianti; intorno ai 7000 poi il sound è pura poesia. Affrontando le prime vere curve scoprite altre qualità. La pedaliera con l’acceleratore incernierato in basso è perfetta per il punta tacco, i freni duri da azionare ma potenti e in particolare lo sterzo e l’assetto sono fenomenali. Il volante è semplicemente telepatico, trasmette ogni singola informazione delle ruote anteriori e tutta la vettura – specialmente in ingresso curva – è molto reattiva, con una messa a punto incredibile: le sospensioni non sono certo morbide o delicate con la vostra schiena e fan saltare la Cup da ogni parte su asfalto rovinato, ma eliminano dall’esperienza qualunque tipo di rollio e grazie alla geometria tarata per curve medio-veloci hanno un’efficacia immensa su quello liscio (grazie anche alle Michelin Pilot Sport Cup).

La trazione non è un problema e oltre una determinata velocità al grip meccanico si aggiunge anche la deportanza dell’enorme alettone posteriore che dà una mano. L’insieme di tutte queste caratteristiche regala un’esperienza di guida unica, propria di una vettura equilibrata, velocissima, sfiancante ma davvero soddisfacente, anche se da trattare sempre con riguardo. Potendo la si guiderebbe per giorni, cercando di capire come domarla al meglio migliorando le vostre capacità, ma sfortunatamente la giornata volge al termine e devo riconsegnare volante (letteralmente) e chiavi. Che auto. Che esperienza. Mi mancherà da morire.

Lavoro realizzato per Evo Luglio ’18

di Tommaso Ferrari