EQUAZIONE MATEMATICA

 

La Tesla si è rivelata un’esperienza curiosa, anche una GT piacevole a ben vedere, ma per divertimento e puro piacere di guida resto fisso sui miei buon vecchi ottani. Senza il minimo dubbio.

Prima o poi doveva succedere. Prima o poi ero sicuro che il mio cammino si sarebbe incrociato con quello di una Tesla, quelle strane vetture che circolano sulle strade ronzando silenziosamente e popolando i centri commerciali alla ricerca disperata di energia. Chi mi conosce sa che – per usare un leggerissimo eufemismo – non sono un amante delle vetture elettriche, ma visto che non sopporto chi parla a vanvera avevo deciso che un giorno o l’altro mi sarebbe toccata quest’esperienza, così da farmi un’opinione personale a riguardo. E poi soprattutto avrei potuto parlare male delle elettriche con cognizione di causa! Scherzi a parte (più o meno) il mio unico incontro ravvicinato con un elettrodomest…, pardon, con una vettura elettrica era stato con una Prius – che tra l’altro tecnicamente sarebbe una ibrida – una supposta bianca col cambio automatico più irritante del pianeta, consumi più alti del previsto e 74 metri di autonomia in elettrico, quindi mi serviva qualcosa di più serio, più rappresentativo della categoria. E qui entra in gioco Fabrizio, ex possessore di una Impreza STI da 500 cavalli, una Skyline R34 GTT e di una 350 Z Cosworth apparsa anche su queste pagine, che per qualche misteriosa e ascetica ragione ha deciso di tentare la strada delle Tesla. Fondamentalmente non ho (quasi) nulla contro le Tesla, se uno ha deciso di prendersi un’auto elettrica non ci sono problemi, sono scelte. Invece mi dà veramente fastidio chi pensa di salvare il mondo grazie ad un EV (leggetevelo qualche articolo obiettivo) e SOPRATTUTTO quelli che pretendono che voi facciate lo stesso.

Vuoi l’elettrica eco-friendly per (credere di) abbracciare gli alberi senza sensi di colpa? Benissimo, ma non azzardarti a dire che io debba abbandonare gli ottani; ognuno ha i propri gusti e vanno rispettati sia da un lato che dall’altro, sennò sono botte. Anzi, vengo a scollegarvi tutte le prese dalle colonnine dell’Ikea. Oh, e non parliamo di chi ne compri una solo per moda per carità. Perdonate lo sfogo da anziano al cantiere, torniamo a noi. Filiamo a Peschiera Borromeo – sede Tesla, dove vediamo anche la fantomatica Roadster – per ritirare la Model 3 Dual Motor Performance e iniziamo subito a fare i clienti fastidiosi, facendo (giustamente) notare un paio di difetti costruttivi. La consegna è strana forte, non sono abituato a queste cose (tradotto, non ci capisco una mazza di tecnologia): mentre con un’auto endotermica possono al massimo dirvi di rispettare il rodaggio o di prendere confidenza con l’auto in caso sia una belva qui pare di sbloccare qualche mod per GTA V, con codici, riavvii, connessioni Bluetooth e mille impostazioni di quel tablet gigante che in realtà è il cruscotto. Ad un certo punto la Model 3 si spegne di botto, si riaccende tutta contenta e magicamente il passaggio di consegna è avvenuto; ora è ufficialmente del nuovo proprietario. Ci allontaniamo da Milano in direzione Cremona cercando un posto per pranzare e soprattutto cercando di decodificare il tablet al centro della ‘plancia’: è piuttosto intuitivo in realtà, ma ci sono talmente tante opzioni, menu, sottomenu, schermate e modalità da farvi perdere un pomeriggio solo per capire come aprire il cassettino portaoggetti (esatto, non si apre manualmente, a meno che per manualmente non intendiate con un piede di porco). Pranziamo in una trattoria di campagna e iniziamo qualche suggestivo scatto in un parcheggio sotterraneo e poi in un borghetto della zona; non ho troppa fretta di provarla, già da passeggero intuite parzialmente l’esperienza di guida e ciò di cui tutti parlano riguardo alla Tesla: l’accelerazione, o meglio la sua ripresa.

Questa Model 3 è la Dual Motor in versione Performance quindi con 490 cavalli e 660 Nm di coppia, il tutto già a partire da zero giri. Letteralmente coppia istantanea. In modalità normale l’accelerazione è notevole ma tra il silenzio che vi circonda e l’insonorizzazione ben studiata dell’abitacolo ve ne rendete poco conto, mentre in modalità Track – dove potete regolare vari parametri di guida – la Tesla vi sbatte proprio la testa contro il sedile, sia che siate a 10 che a 110 km/h; impressionante, niente da dire. Mi scambio di posto con Fabrizio e mi accomodo sui morbidi sedili in pelle fissando il cruscotto… beh, non che ci sia molto da fissare. Avete un volante, due pedali e un tablet, basta. Finito di descrivere gli interni. In realtà i sedili sono ben imbottiti e con una pelle di qualità, quello che mi convince poco, molto poco, è quel listellone dilegno’ contornato da ‘alluminio’, entrambi decisamente non all’altezza delle aspettative e della concorrenza come rifiniture. Ci metto quella che sembra un’eternità per capire come regolare il grosso volante (ovviamente dal tablet), metto in Drive e mi avvio nel silenzio assoluto, se non per il rotolamento delle gomme da 20 pollici. La cosa buffa e sorprendente allo stesso tempo, appena presa un po’ di velocità, è la frenata rigenerativa: in pratica mollando il gas viene recuperata così tanta energia cinetica – per aiutare le batterie – che sotto i 100 km/h orari quasi non serve frenare tale è la decelerazione che ne deriva. E’ una sensazione strana, all’inizio dovete abituarvi e ritardare di conseguenza la sterzata, che accade prima di quanto vi aspettiate visto che secondo il vostro cervello – e infatti è così – non state toccando il freno.

Gioco ancora un po’ con quella sensazione di ‘fionda’ immediata che danno i motori elettrici in accelerazione e con Fabrizio ricerchiamo la giusta zona per rispondere ad un quesito fondamentale che tutti i possessori di Model 3 non potranno fare a meno di porsi: potrò fare i tondi nei parcheggi? Scorriamo le opzioni del tablet e troviamo la particolarità della Performance, il sopracitato Track mode. In Track potete disattivare tutti i controlli e persino spostare il 100% della trazione al posteriore, esattamente ciò che serve allo scopo. Sbilanciamo il retrotreno, diamo una bella pestata all’acceleratore e – molto bizzarro – la Tesla si mette a fare le sue ciambelle assolutamente in silenzio, sentite solo le povere gomme con spalla ribassata che si lamentano mentre vengono strapazzate per bene. I traversi si gestiscono neanche troppo male ma il peso è tanto, influendo sulla dinamica. Fuggiamo dopo aver preoccupato due signore a bordo strada e inizio a spingere la Model 3 in curve veloci e qualche rotonda che in un’auto normale definirei “da seconda piena”. Lo sterzo è abbastanza inerte ma temevo ancora peggio mentre le Pirelli P Zero da 235/35 fanno fatica a contenere i 20 quintali della Model 3, poco aiutate dall’assetto – altino – che perde la lotta contro il rollio. Le sospensioni piuttosto morbide e composte devono pur sempre gestire 22 quintali con due persone a bordo e con gomme dalla spalla così bassa risentono delle imperfezioni dell’asfalto. Nei tratti più veloci il bilanciamento è tendenzialmente neutro (siamo tornati ad avere quattro ruote motrici) e grazie all’immediatezza della coppia riuscite a sparare l’anteriore verso la prossima curva senza nessun lag, eppure siete sempre a scontrarvi con la forza centrifuga e una sorta di deriva generale; il baricentro basso grazie alle batterie sotto il pianale fa quel che può, ma niente miracoli.

La Model 3 non è brusca né si muove male, prevale un leggero sottosterzo al limite che si può aggiustare spostando maggiormente la trazione al retro, però per quanto stia andando forte non sto provando granché. Con una hot hatch vecchia scuola o una qualche trazione posteriore sportiva avrei un sorriso stupido sulla faccia, qui mi sembra di svolgere un semplice compito, un’equazione da risolvere alla svelta e senza errori da lasciare in cattedra. L’accelerazione resta notevole e quasi astratta, c’è talmente silenzio che – ed è una cosa un po’ pericolosa – a 160 km/h vi pare di essere a 70/80, intuendo la velocità crescente più dai numerini sullo schermo che dal paesaggio esterno. Da 0 a 160 non avete quasi variazioni nella forza G che vi preme verso lo schienale, verso i 200 invece c’è un brusco rallentamento, facendomi pensare che i 250 orari dichiarati di massima necessitino di molto tempo per essere raggiunti. Nel frattempo la batteria è passata dal 90% al 22% dopo circa 230 chilometri: i 560 chilometri dichiarati forse sono fattibili (con fari, radio, aria condizionata spenti, a 70 orari fissi e trattenendo il fiato) anche se una stima realistica può essere di 300/330 km, con fari e radio accesi e qualche sparata occasionale. E… beh, fine della storia in pratica. Una storia un po’ noiosetta che manca di brutto del fattore divertimento e di tanti elementi essenziali per il piacere di guida.

Il problema della Tesla – perlomeno per un appassionato – è proprio questo: una volta provata la sua accelerazione bruciante e la sua inusuale e silenziosa esperienza di guida non è che vi rimanga molto, non avete alcun sound o motore – che sia V8, V12, sei in linea, turbo, aspirato con tutte le meravigliose timbriche che ne derivano – né differenze di erogazione, non avete un cambio, scoppi in rilascio, punta tacco o un reale senso di connessione con l’auto. La Model 3 è una GT davvero davvero rapida e con aspetti curiosi, persino interessanti, ma per quanto possa essere un fulmine la velocità non è assolutamente proporzionale al divertimento, è solo un numero oggettivo che descrive ben poco di tutto le sfumature che ci stanno intorno. È un po’… come posso dirla in maniera elegante, come se una fanciulla si divertisse con dei “giocattoli a batteria” anziché avere un fidanzato che la ami, la faccia viaggiare, le faccia sorprese o che cucini per lei: il risultato finale è bene o male quello, ma manca tutta la parte passionale, intima e sensoriale che ci fa cercare un’anima gemella. Per andare da A a B come un siluro e in tranquillità la Model 3 Performance va benissimo, ma se volete divertirvi davvero non state lì a scomodare supercar o auto da corsa, basta una *inserire sportiva analogica a caso* per ricordarvi come mai amiamo tanto essere coinvolti nella guida. Le auto elettriche da questo punto di vista non ci sono ancora, e penso non ci saranno e non potranno mai esserci.

Un grazie a Fabrizio per questa curiosa esperienza. Però mi manca la tua Z!

di Tommaso Ferrari