BOCCATA D’ARIA FRESCA

 

Mettete in pausa questa folle corsa ai cavalli e agli elettrodomestici e scoprite una delle più sincere e divertenti moderne in circolazione

La presentazione della GT86 fu come buttare una bomba in un acquario domestico: un sacco di arancione in giro e tante facce sconvolte. Non perché la linea fosse brutta, il prezzo oscenamente alto o perché il volante fosse quadrato, nossignore: semplicemente perché la GT86 sulla carta sembrava fantastica. Una coupé leggera, a trazione posteriore, con cambio manuale, motore aspirato e una predilezione per la vera guida era un sogno anche nel 2012. Nove anni fa la situazione era più rosea di adesso, non c’erano persone con perversioni sessuali verso le colonnine elettriche o che adottavano orsi polari accaldati, eppure Toyota decise di farsi ugualmente il mazzo e donarci la GT86, una sportiva entry-level che se ne fregava ampiamente della direzione presa dal futuro. Oggi questa bella giapponese sembra ancor di più un faro nella notte perché in listino rappresenta qualcosa di praticamente unico: fatta eccezione per la gemella BRZ, la Mx-5 ND o la 124 Spider (che però sono roadster) in quella fascia di prezzo trovate solo compatte da aperitivo o sportive a trazione anteriore, mentre mezzi come la Alpine A110, la Cayman GT4, Lotus, Caterham e via dicendo non sono esattamente economici. Inoltre la scheda tecnica della GT86 è come comprare cinque vaschette Carte d’Or e scoprire che ve ne hanno fatte pagare solo 3; tanto tanto piacere a molto meno del previsto. Per l’onestissima cifra di circa 30.000 euro (una noiosa A1 può costare parecchio di più…) vi trovate in mano una splendida coupé di 1.180 chili a secco con un 2.0 litri boxer aspirato da 200 cavalli e limitatore a 7.400 giri, trazione posteriore, cambio manuale a sei marce e differenziale autobloccante, ripartizione 53/47 del peso, ruotine pensate per facili traversi e un vero freno a mano, non quei pulsanti giocattolo che vanno di moda adesso.

Una ricetta così interessante ha bisogno di una strada adeguata per essere valutata a fondo, e oggi abbiamo esattamente quello che ci serve. Ammetto che come fantasia non avrei preoccupato il signor Disney visto che sono tornato nello stesso punto dove provai la Yaris GR… e ancora con una Toyota. Quel nastro d’asfalto talmente fitto da sembrare su Google Maps un rettangolo è nuovamente la Nembro-Selvino sopra Bergamo, un percorso che scoppia di tornanti da prima e seconda, pungente aria di montagna – per noi e per il motore – e tanto, tanto potenziale divertimento. Abbandoniamo l’autostrada che fa quasi caldo, attraversiamo il paesino di Scanzorosciate (che non è il più vicino a Nembro ma il nome è troppo bello per non citarlo) dove il termometro segna la lussuosa temperatura di 3 gradi e iniziamo ad arrampicarci verso Selvino. Nel giro di qualche centinaio di metri di dislivello lo schermino digitale della 86 arriva a segnare 4 gradi sottozero, e quando usciamo dall’auto alcuni fiocchi di neve si poggiano sulle nostre spalle per ricordarci che il fondo stradale è asciutto ma con una lieve ‘patina’ che stresserà meno la meccanica giapponese; non potevo chiedere di meglio. Inizio tutti gli scatti per il servizio fotografico arrampicandomi di qua e di là e resto compiaciuto da quanto sia fotogenica la Toyota: le dimensioni e le proporzioni sono perfette, l’Inferno Orange Metallic risalta splendidamente sulla neve e sulle rocce e il look sembra quello di una mini-supercar. Il proprietario ha fatto qualche sobria modifica (molle da – 30, cerchi bronzati Final Speed per le gomme invernali, distanziali e un nuovo scarico) visto che la Toyota da stock difetta di cattiveria e monta cerchi con poco carattere; in questo modo invece risulta una meraviglia davanti alla macchina fotografica.

Dopo passaggi su passaggi e qualche traverso a favore dell’obiettivo arriva il momento di prendere posto sul sedile di guida e vedere se la 86 mi piacerà tanto quanto credo; l’avevo già provata brevemente facendo lo stupido durante un diluvio estivo con pacati traversi ma adesso voglio conoscerla davvero su un percorso impegnativo e con asfalto semi-asciutto. Mi stupisco subito di quanto sia chiara e ariosa la visuale, senza montanti che ostacolano la visibilità in curva e un senso di ampiezza unito ad una posizione di guida ottima: siete stesi, con le gambe allungate e il corpo molto in basso, vi sentite avvolti dall’auto e non ‘sopra’ di essa. Cominciamo decisamente bene. Gli interni sono ordinati e non sovraccarichi di comandi, impreziositi da sottili tocchi sportivi come le cuciture rosse e il grande contagiri centrale con sfondo bianco, dettaglio proprio azzeccato. Inizio a prendere confidenza con pedaliera, sterzo e cambio e ad ogni azione la mia stima per i progettisti Toyota cresce enormemente. La trasmissione è squisita, meno corposa di quella della Yaris GR e dall’altra parte più scorrevole, piacevolissima da utilizzare e unita ad un acceleratore elettronico impressionante. La pedaliera già è ben spaziata, leggera e pensata per il punta-tacco, ma quel pedale destro è davvero uno dei migliori (ok, probabilmente il migliore tra le auto stradali) che abbia mai provato, talmente reattivo in scalata che sembra che il volano pesi come un floppy disk. Lo sterzo – per inciso molto più bello di quello del restyling – è comunicativo nonostante le gomme invernali velino leggermente la prontezza e la rapidità che ricordavo in estate, e personalmente lo preferirei un paio di centimetri più stretto di diametro. Parliamo di un’inezia, tanto più che il telaio della 86 brilla anche con queste gomme, conquistandosi pezzettini sempre più grandi del mio cuore.

Con una temperatura sottozero, neve, strade strette e simpatiche rocce come guardrail ero preoccupato di non riuscire a lasciarmi andare come si deve nella guida, ma non avevo previsto quanto mi sarei trovato a mio agio con la 86. Sul serio, dopo cinque minuti ero a gestire dei traversi parecchio scenografici con una naturalezza disarmante, e io non è che faccia parte del Team Orange di D1. Semplicemente il telaio della GT86 è eccezionale: c’è una delicatezza innata nel modo in cui affronta le curve, non è mai brusco, nervoso, imprevedibile, è solo tremendamente sincero nella sua genuinità. L’inserimento a dispetto delle invernali è preciso – il baricentro a terra vi aiuta moltissimo – e avete quella rara sensazione del posteriore che ruota leggermente attorno a voi senza tracce di sottosterzo, anzi. Date un colpetto di gas facendo allargare la coda, lasciate scorrere il volante tra le dita, parzializzate e uscite con il traverso più pulito e progressivo della storia; è quasi una danza tra le curve, un balletto di sensazioni che pochissime auto sono state capaci di trasmettermi. Nelle curve più rapide non è da meno con un ottimo appoggio, rollio non pervenuto e sempre la certezza di sapere cosa stia facendo il telaio sotto di voi. Non sto parlando così bene della Toyota a causa delle minacce del proprietario (che è un caro amico, ma mi minaccia ugualmente) ma perché la 86 è una gran macchina, un ritorno ai fondamentali della guida con esattamente tutto ciò che serve per divertirsi al volante, nulla di più e nulla di meno. La GT86 è un antidoto alla dipendenza da tutta questa inutile elettronica che vuole fare scena per mascherare l’assenza di sostanza che c’è sotto.

Il controllo di trazione ad esempio? Non ho la minima idea di come sia perché è stato spento durante tutta la giornata, e quando lo mettete a tacere lo mettete a tacere per davvero, senza che rimanga in agguato nell’ombra. Per certi versi ci sono delle similitudini con la Yaris GR: entrambe sono sportive moderne non create per essere un vuoto status symbol bensì con il toccante intento di essere focalizzate, pure e coinvolgenti da guidare. Mentre però la GR ha limiti molto alti e una guida adrenalinica che vi invoglia a fare i criminali la GT86 è più rilassata, delicata e godibile anche a 30 km/h. Ora però bisogna affrontare una questione spinosa che mi preme molto chiarire: il motore e le sue prestazioni. Sento spesso dire “Ah la GT86/BRZ è un polmone”, “Ah non va avanti”, “Ah l’altro giorno ne ho superata una cavalcando un piccione viaggiatore” generalmente da persone che o non l’hanno provata o classici fenomeni da dritto che non capiscono un… quella roba lì. E’ vero che la coupé Toyota non sia un siluro e che il motore manchi di una certa cattiveria ma 200 cavalli sono pur sempre 200 cavalli, sufficienti ad andare forte su strada se si sa guidare un po’ seriamente. Il 2.0 litri boxer ha un’erogazione particolare, molto pronta tra i 2.000 e i 3.000 giri e una gran voglia (e bisogno) di girare alto; c’è solo un vuoto notevole tra i 3.000 e i 4.000 come se un paio di pistoni andassero in sciopero, poi di colpo ricomincia a spingere specialmente passati i 4.700/800 giri. Il motore quadro – con corsa e alesaggio toh guarda proprio di 86 mm – ha anche la caratteristica di avere sia l’iniezione indiretta che diretta, con quest’ultima chiamata in causa solo quando alzate il ritmo simulando l’effetto di un blando Vtec.

Non è un motore particolarmente adrenalinico ma è ben progettato e si sposa alla perfezione con la filosofia della GT86, inoltre potete sempre aggiungere un po’ di pepe con qualche leggera modifica (ma tenendolo aspirato mi raccomando). Già questa 86 monta uno scarico Malian – centrale e terminali – che risolve egregiamente il sound fiacco di quello di serie (che va che coincidenza aveva un diametro di 86 mm), con un rumore cupo ai bassi e molto più prepotente ai medi-alti pur non diventando fastidioso; un upgrade non esagerato che rende giustizia al look e aumenta ancora di più il piacere di guida. Mentre ci riposiamo un attimo scopriamo di non essere gli unici a simpatizzare per questa strada e vediamo sfilare un sacco di sportive intriganti tra Rx-8, Clio RS, Mr2, Opel Speedster e persino una Gallardo 560-4 che avrebbe dovuto scalare qualche marcia in più per la gioia delle nostre orecchie. Troppi ottani per non rimettersi subito alla guida, così ho l’occasione di vedere che anche in discesa la Toyota si comporta egregiamente: i freni non saranno carboceramici ma mi piace la loro immediatezza e il feeling del pedale, e l’assetto continua a essere davvero composto con la giusta rigidità per una sportiva. Arrivati a valle mi godo ancora per un po’ tutte le qualità della 86 per poi cedere a malincuore le chiavi al proprietario. Sono veramente soddisfatto e colpito da quanto sia valida quest’auto: per la trasparenza e la sincerità che mi ha trasmesso, per la sua semplicità e il costante divertimento. Ha qualche leggero difetto e se avesse un motore adrenalinico come quello di una Integra Type R o di una Focus RS mk2 sarebbe ancora più incredibile, ma finché esisteranno auto così brillanti il mondo sarà più sopportabile. Lascio ad altri scatole elettriche o auto da sparo perché la GT86 è una nostalgica lettera d’amore alla guida, quello che serve per mettere in pausa tutta questa corsa ai cavalli e godersi una sana interazione dietro ad un volante.

Un grosso grazie a Franci, che non ha sofferto come temevo a stare seduto sul sedile sbagliato

di Tommaso Ferrari